Capitolo 3

Del gentil modo in cui Don Cyshiter fu armato paladino

Quando i turisti tedeschi si allontanarono dalla sala bar e lasciarono il gestore solo con Don Cyshiter, questi si spostò tosto dietro il bancone e si inginocchiò ai suoi piedi.
«Non mi leverò di qua, o valoroso cavaliere, se prima non avrò ottenuto dalla vostra cortesia un dono che mi fo ardito a chiedervi, il quale ridonderà a gloria vostra e a vantaggio del genere umano.»
Quegli, messo alle corde nel suo stesso locale, non riuscì a convincere il ragazzo ad alzarsi finché non promise di fare quanto gli avrebbe chiesto.
«Questa notte veglierò le armi nel tempio più vicino e domani mattina, se come certo mi sarò dimostrato degno, mi titolerete paladino affinché io possa scorrere le quattro parti del mondo e oltre, cercando avventure in favore dei bisognosi.»
L'albergatore ancora non aveva capito se ritenersi vittima di uno scherzo o se avesse a che fare con uno squilibrato ma reputò che in entrambi i casi la cosa migliore da fare fosse assecondarlo.
Ammise quindi di essere stato in gioventù un valente paladino e di aver salvato molte fanciulle. Ah, quante belle fanciulle aveva salvato, soprattutto a Cuba dove era stato più volte apposta per soccorrere le ragazzine bisognose. Disse poi che, non essendoci un tempio nel suo agriturismo, Don Cyshiter avrebbe potuto fare la veglia al di fuori, dove ritenava più opportuno.
L'aspirante paladino lasciò una banconota senza chiedere resto e uscì carico di eccitazione. Senza che l'altro lo sospettasse, mise casco, scudo e armatura sulla moto e vi si piazzò di fronte con la spada piantata in terra e l'elsa stretta in mano, deciso a non muoversi di lì fino all'alba seguente.

Capitolo 2

Della prima campagna intrapresa dal prode Don Cyshiter

Fatti questi preparativi, non volle procrastinare la propria partenza, affrettato dal pensiero che il mondo avesse urgente bisogno delle sue gesta.
Fuori dalla porta di casa quanti malfattori si crogiolavano nel vizio, quanti deboli agognavano il suo scudo, quanti tabagisti impenitenti gettavano mozziconi accesi per terra, quanti utenti innocenti venivano tempestati di chiamate dai call centre!
Senza dunque far parola a nessuno di quanto aveva pianificato, una mattina particolarmente afosa abbandonò il cellulare, indossò armatura e casco, si mise la spada dietro le spalle coperta da uno scudo di compensato e montò in sella a Sgommodura.
Nonappena si vide all'aperto però lo colse un terribile pensiero che per poco non lo fece quittare la campagna appena intrapresa: si rese conto di non aver mai ricevuto una vera investitura da paladino e che, in assenza di questa, non avrebbe potuto esercitare gli incantesimi divini e le abilità speciali della sua Classe.
Questi pensieri e non altri lo fecero titubare ma infine più della ragione potè la pazzia e si risolse di farsi investire paladino dal primo appartenente all'ordine che avesse trovato, come avevano fatto molti (?!) illustri avventurieri prima di lui.
Così, procedendo lentamente sul margine destro della carreggiata...

Così, procedendo lentamente sul margine destro della carreggiata, l'eroe novello vaneggiava fra sé e sé:
«Quando comporranno un romanzo tratto dalle mie gesta di certo descriveranno questo epico giorno in cui l'intrepido Don Cyshiter della Mandria varcò la soglia del suo maniero sotto lo sguardo vigile di Selune ed Helm.
Oh fortunato ventunesimo secolo che vedi rinascere gli ordini perduti e gli antichi costumi troppo a lungo serbati in lontane strutture planari!
Ah fortunato e savio scrittore a cui sarà dato in sorte d'essere il cronista di questa peregrina storia, ti prego di non obliare la fedele Sgommodura, perpetua compagna in ogni mio viaggio e vicenda.
Speriamo che sia tu, impareggiato Robert Salvatore, ad immortalare le mie imprese. O per lo meno Francesco Barbi che colma in onestà e originalità ciò che pecca in fama.
E se fossi tu, proprio tu, o amata e odiata Licia Troisi a portare l'onere di cotanto racconto, dimentica il tuo pubblico preadolescenziale ed abbi il coraggio di non censurare le scene di inaudita violenza e di sesso, che certo abbonderanno in questa cronaca!»

Benvenuti


Benvenuti nel blog D&Don Cyshiter.

Questo non è esattamente un periodo della mia vita in cui potrò dedicarmi anima e corpo alla scrittura ma forse proprio per questo ho sentito l'esigenza di dare in pasto alla Rete un po' del mio lavoro.
Conto di non venire meno alla fiducia che gli eventuali lettori vorranno concedermi. Ho già accumulato molto materiale fra interviste, ritagli di giornale e altre testimonianze, abbastanza da pubblicare regolarmente per diverse settimane.
Il lavoro del resto è lontano dall'essere concluso, Don Cyshiter ha compiuto abbastanza prodezze da scriverne un libro, anzi due per l'esattezza. Farò del mio meglio per narrarle tutte, spero di trovare lungo la strada qualcuno che ammiri come me il prode paladino della Mandria e voglia discutere insieme delle sue gesta.

Se non conosceste il celebre Don Cyshiter, e quindi la mia introduzione sembrasse nebulosa, troverete qualche spiegazione in più cliccando su A proposito di questo blog.
Se anche questo non fosse chiaro, potrete sempre chiedere, immagino già il tono scocciato e petulante, "no dai, seriamente".

Buona lettura a chi vorrà proseguire.

Capitolo 1

Della condizione in cui versava il prode Don Cyshiter della Mandria

Prima di partire all'avventura, il nostro eroe era un ragazzo di quelli che si tappezzano la stanza con poster di draghi, gravano gli scaffali della libreria di innumerevoli manuali di giochi di ruolo e, anziché scaricare da internet della sana pornografia, occupano terabyte di memoria con libri in pdf e vecchi videogiochi ispirati a Dungeons & Dragons.
Abitava con la sorella, non ancora ventenne, in un appartamentino di proprietà dei genitori a Robassomero, una scheggia di paese conficcata nella cintura di Torino. Siccome Robassomero costeggia il bellissimo parco naturale "la Mandria", a chiunque glielo chiedesse diceva di vivere in una villa all'interno dell'oasi naturalistica.
Consumava la paga offerta dai genitori in cibi precotti e magliette  di gruppi metal che collezionava intonse nell'armadio. Sperperava il resto per aggiornarsi su tutte le nuove uscite italiane e inglesi di qualsiasi supplemento dei suoi RpG preferiti.
Toccava l'età di trent'anni; forte di costituzione, dal fisico alto e asciutto, aveva naso maestoso e fronte ampia, con capelli che iniziavano ad incanutire e gli conferivano un aspetto più venerando di quanto meritasse.
All'anagrafe era registrato come Donato Ciscitta ma tutti i suoi amici e lui medesimo preferivano usare il soprannome di Don Cyshiter, mutuato dal primo personaggio che aveva interpretato in una campagna di D&D.

Importa bensì sapere che, negli intervalli di tempo nei quali era ozioso (ch'erano la maggior parte), si applicava alla lettura dei suoi manuali di gioco con dedizione così ossessiva da trascurare sia i lavori domestici sia la ricerca di un lavoro retribuito, rattristando mamma e papà e facendo incacchiare come una biscia la sorella, a cui toccava rassettare tutta la casa e gettare via i cartoni delle pizze da asporto.
Fra tutti gli erano carissimi i regolamenti di Dungeons & Dragons 3.5. Amava rileggere il manuale del Perfetto combattente e il Dragonomicon e si entusiasmava seguendo con il dito e con le labbra passaggi come "Una carica di cavalleria è una tra le forme di attacco più devastanti [...] che una cultura potrà mai concepire." O anche "I draghi d'argento, maestosi e statuari, assistono di buon grado le creature buone [...] spesso sotto le mentite spoglie di vecchi guaritori o di leggiadre fanciulle."