Capitolo 28

Raccontasi la nuova avventura successa all'insegnante e al barbiere

Spesso ripenso con nostalgia agli anni '80 e '90, come anni di emozioni e avventure. Quando i miei amici ed io eravamo convinti di essere Cavalieri dello Zodiaco e organizzavamo tornei di lotta clandestina nei garage sotterranei, quando non esisteva Wikipedia e andavamo in biblioteca a fare ricerche per una nuova campagna di qualche GdR autoprodotto, quando non c'era Whatsapp e se un amico mancava al solito ritrovo lo si andava a cercare a casa.
Tutto era più epico: le VHS avevano una definizione migliore dei Blu-ray, i prototipi di telefoni portatili potevano essere usati come armi da lancio senza subire danni, il potere di acquisto della Lira era tale da permettere, inserendo le monete in grosse apparecchiature, di telefonare o smanettare alcuni minuti davanti ad un videogioco.
Il mondo era più epico, o eravamo noi ad esserlo?
Immagino che, nella sua fantasia delirante, Don Cyshiter abbia rivissuto quella stessa epicità, e forse ancora di più, anche nel secondo decennio del ventunesimo secolo.
Ma Don Cyshiter, mi si obbietterà, era pazzo. Ebbene, ho il piacere di raccontare la non meno epica avventura accorsa a Pietro e Nicola, due persone clinicamente sane e legalmente non interdette.

Premio Gianfranco Viviani

Mesi addietro un'amica mi fece conoscere il concorso letterario Premio Gianfranco Viviani.
Io non ho fatto trasparire nulla della mia abissale ignoranza e, imperturbabile, ho retto la conversazione interessato. Più tardi, col favore delle tenebre, mi sono informato sui canali digitali, ho scoperto chi fosse questo tale Gianfranco Viviani e, folgorato dalla scoperta, ho scritto una storia ispirata a lui, anzi al suo lavoro. Ho spedito il tutto e ho lasciato che la mia storia annegasse nell'oceano della produzione letteraria dilettantistica.
Oggi ho rivisto la mia amica che si è complimentata con me per la mia storia che è stata selezionata per la pubblicazione e questa volta non ho potuto dissimulare lo sbigottimento, visto che non ne sapevo assolutamente nulla.

Ora, lo scopo di questo post non è tanto vantarmi che il mio racconto Il primo colloquio di lavoro del mio amico demone si sia classificato come "decimo non-vincitore ripescato all'ultimo per la pubblicazione", meritevole in quanto racconto dal titolo più prolisso. No. (noooooo!)
Innanzi tutto ringrazio la mia amica e il blog I romanzi si raccontano, che pubblica aggiornamenti su questo e altri concorsi.
In secondo luogo segnalo la nuova edizione del Premio Gianfranco Viviani per il 2018, chi avesse piacere di partecipare o fosse interessato a informarsi sulle pubblicazioni può seguire la pagina facebook dal link all'inizio di questo post.
Ultimo ma non ultimo, mi piacerebbe condividere quello che ho scoperto su Viviani: se gli hanno dedicato un concorso di letteratura fantastica è perché ha contribuito in modo determinante a diffondere questo genere letterario in Italia.
Ai tempi in cui fantascienza e fantasy erano considerati prodotti esclusivamente per ragazzi, se non per bambini, buoni solo per le edicole, Gianfranco Viviani ha lavorato per creare loro una dignità letteraria. Ha importato autori come Michael Moorcock, Ursula Le Guin e Frank Herbert e li ha proposti insieme a molti altri sugli scaffali delle librerie.
Ora, come al solito sto parlando di cose che non conosco: io negli anni '70 non c'ero e negli '80 avevo appena imparato a leggere. Però molti dei libri che avevo sugli scaffali della mia cameretta da ragazzo sono arrivati lì anche per merito suo, quindi un "grazie" penso di poterlo spendere.

Capitolo 27

Del modo in cui l'insegnante e il barbiere attuarono il loro piano, con altre cose degne di essere riportate in questa epica storia

L'idea di Pietro piacque tanto al barbiere che la misero subito in pratica.
A casa di Pietro Pere recuperarono alcuni vestiti e travestimenti: il padrone di casa mise in una zaino una lunga barba finta e una tunica con cappuccio. A Nicola invece toccarono un paio di orecchie di plastica a punta, un arco e una faretra con frecce dalla punta a ventosa.
«Ma questo non è un costume.»
«Ma sì, avrai un paio di pantaloni larghi e una maglia verde a casa, li metti su e fai l'elfo silvano.»
«Ma mi riconoscerà subito.»
«E tu mettiti una bandana in faccia, che fai l'elfo-ninja.»
«Elfo-ninja?»
«Se vuoi ti do un po' di sangue finto e fai l'elfo-ninja-zombie.»
«Ma vaffanculo.
Almeno togliamo le ventose dalle frecce.»
«Fa' come vuoi, ma se finisce che fai male a qualcuno sono cavoli tuoi.»
Istruirono Sergio di non rivelare le loro identità, per il bene del suo amico, e quando gli avesse chiesto la risposta di Selene di rassicurare Don Cyshiter dicendo che l'Avatar gli comandava di seguire quegli avventurieri e aiutarli nella loro missione, che era di massima importanza.
Avevano convinto lo scudiero ad assecondarli dicendogli, non senza ragione, che fintanto che Don Cyshiter fosse rimasto fra i boschi ad addestrarsi, di sicuro non avrebbe salvato nessuna fanciulla e quindi non avrebbe potuto procurargli alcun harem.

Seguirono dunque Sergio, che cavalcava Sgommodura, lungo l'autostrada e poi attraverso una statale che attraversava ameni paesi facendo abbastanza rotonde da far venire la nausea al barbiere. Nel tardo pomeriggio passarono vicino al dirupo granitico della Madonna del Sasso, il promontorio dietro cui Don Cyshiter era stato lasciato ai propri allenamenti.
Lasciata la macchina in un piazzale, i due amici si vestirono come concordato. Sergio disse che gli li precedesse, recando la risposta alla lettera per Selene, stimando che essa sarebbe bastata a farlo schiodare da dove si trovava, senza che loro si scomodassero.
Così Pietro e Nicola si sedettero su un muricciolo al limitare degli alberi, ben contenti di non dover camminare in quella giornata ancora calda, con indosso barbe finte, bandane e altre chincaglierie accaldanti.
Standosene lì comodi a sperare che nessuno li vedesse in quelle condizioni, udirono una voce, come un lamento che echeggiava tra gli alberi:

Capitolo 26

Continuazione delle prodezze che fece Don Cyshiter nel Cusio e racconto dell'ambasceria di Sergio Zanca

Continuando il racconto di ciò che fece il paladino dalla Trista Figura quando si trovò solo, dice la storia che dopo aver tirato calci all'aria e aver corso a torso nudo per più di tre minuti ininterrotti, salì sopra un grosso masso erratico; lì tornò a volgere il pensiero ai massimi ragionamenti che occupavano il suo intelletto.
«Alla fine,» pensava fra sé e sé, «Martin non è stato questo grande innovatore.
Una barriera di ghiaccio che divide il continente? Hickman e Weis in Dragonlance.
Un'antica stirpe nobiliare decadente che, proveniendo da un'isola ha soggiogato le altre nazioni con la forza dei draghi? I Melniboneani di Moorcock.
Il gioco dei troni? La guerra della due rose. Anche i nomi sono assonanti... York e Lancaster.
Ma forse l'abilità di uno scrittore non si misura nella capacità di trovare nuovi elementi, ma in quella di raccontare sotto nuova luce cose già conosciute, proprio perché archetipi radicati nell'animo umano.
La spada di Shannara fu un plagio ancora più palese e meno fantasioso, eppure lo si annovera fra i massimi esponenti del fantasy perché ha saputo raccontare una storia antica con nuove parole.
Dunque non dovrei rammaricarmi per la scarsa inventiva di Martin ma anzi lodarlo perché i suoi libri hanno portato una ventata di innovazione in un genere che stava ristagnando.
Eppure non posso trattenermi dal biasimarlo per il continuo dilatarsi dei tempi di scrittura e pubblicazione.
Anche Robert Jordan ha scritto una saga da migliaia di pagine ed ha impiegato più tempo di quanto la natura non gli abbia concesso. Eppure egli ha sempre pubblicato con regolarità, senza che i lettori affrontassero attese sconvenienti. E soprattutto si è preoccupato che il destino della propria storia finisse in mani capaci, non certo in quelle di un branco di sceneggiatori prezzolati che badano solo all'audience televisivo.
All'arte non si confà la fretta, questo è vero, ma deve pur esistere un metro per uno scrittore professionista, o incorrerà nel peccato più grave: annoiare il lettore.»
Tali erano i pensieri profondi partoriti da Don Cyshiter nel suo ritiro spirituale.
Ma sarà ora cosa opportuna lasciarlo occupato nelle proprie riflessioni per passare al racconto di ciò che avvenne a Sergio Zanca nella sua sub-quest.