Capitolo 40

Seguita la storia "Dove vanno a finire i calzini spaiati?"

Finché si abita in una sorta di centro sociale si accetta volentieri di vivere fianco a fianco con Spiriti e Folletti, ma nella vita di coppia ci sono alcuni momenti in cui si vorrebbe avere la certezza di essere soli. Mi adoperai quindi per capire se in casa avessimo veramente ospiti, e eventualmente di che tipo esatto di presenze si trattasse. L’esperienza mi aveva insegnato che la prima cosa da fare era lasciare delle piccole offerte, dolcetti o cose simili. In base al tipo di offerte che avrebbe gradito, avrei anche potuto intuire con che tipo di Spiritello avevamo a che fare.

Scoprii che i miei biscotti della colazione non interessavano a questi magici ospiti torinesi, né altro cibo che avevamo in casa. Chiesi un paio di volte a Viola, che solitamente si occupava della spesa, di prendere qualche dolcetto più sfizioso ma anche questo non funzionò.

«Hai preso i gianduiotti che ti avevo chiesto?»

«Sì, li ho presi… ma poi mi annoiavo e li ho mangiati!»

Insomma, il tempo passava ed io semplicemente mi abituavo ad usare calzini spaiati. Fortunatamente porto solo calzini neri e lunghi, penso che nessuno abbia mai notato la piccola asimmetria del mio vestiario.

Ebbi un primo indizio mesi dopo, in un periodo in cui avevamo partecipato ai matrimoni di alcuni amici e parenti.

«Viola, che fine hanno fatto i confetti del matrimonio di ieri? Li avevo posati qui sul tavolo.»

«Pensavo li avessi presi tu insieme a quelli del matrimonio di tuo cugino. Credevo stessi facendo un campionario per scegliere i più buoni, sai, per quando dovremo sceglierli noi.»

«Figurati. Io non li ho toccati, e nemmeno quelli di mio cugino.»

«Ah no? Saranno stati i Folletti allora.»

Il tono un po’ scocciato della mia ragazza mi faceva capire che questa storia delle sparizioni le dava sempre più fastidio. Per fortuna però avevo l’indizio dei confetti da cui partire. Decisi di chiedere consiglio ad un caro amico.



L’amico di cui parlo è una persona di una certa notorietà impegnato in politica e in una serie di altre attività in vista, mi ha gentilmente chiesto di non fare il suo nome, per cui mi limiterò a chiamarlo “il mio amico saggio”.

Lo andai a trovare una domenica, come faccio ogni tanto, e gli raccontai tutta la storia. Conosceva già le mie precedenti esperienze con lo Scazzamurrillo e sapevo che non mi avrebbe preso in giro.

«Devo capire con chi abbiamo a che fare, non si tratta solo delle calze, questa storia sta minando la nostra serenità domestica.»

Lui mi guardava, facendo respirare un calice di vino, che mi aveva offerto come da abitudine, e che come da abitudine avevo declinato.

«Mi sembra un po’ fragile come scusa per non sposarti.» Se ne uscì.

«Sposarmi? Cosa c’entra? Scusa, come faccio ad essere certo di saper portare avanti per tutta la vita la convivenza con Viola se non riusciamo nemmeno a gestire la biancheria?»

«Ovvio che tu non possa esserne certo. Ma puoi essere sicuro di ciò che vuoi adesso. E se tu oggi vuoi stare con lei per il resto della vita, allora sarà meglio che ti dia da fare.»

«Ok, ma che fretta c’è? Siamo giovani, stiamo facendo le prove generali.»

«Non c’è prova che ti possa assicurare come sarà il vostro rapporto fra trent’anni.

Capisco che vogliate rendervi conto di cosa significa essere una coppia, c’è però un confine fra provare e tergiversare. Può essere un confine sottile ma sono sicuro che in fondo tu sappia se lo stai passando o meno.»

Il silenzio rimbombò per un attimo nell’ampio salone di casa del mio amico.

«Non so,» borbottai, «può darsi. Tu cosa ne pensi?»

«Penso che chiunque vi stia rubando i calzini non si limiterà a quello. Però potrebbe non essere così terribile, in fondo anche lo Scazzamurrillo faceva sparire delle cose, eppure vi faceva piacere, no?»

«È ancora valida l’offerta del vino?»

Capitolo 39

Dove vanno a finire i calzini spaiati?

Come ho detto più volte, non prendo alla leggera il mio ruolo di cronista delle imprese di Don Cyshiter della Mandria.
Alle spalle di questo che sembra un blog scanzonato c'è in realtà un grande lavoro di documentazione, investigazione e ricerca sul campo.
Ebbene, attraverso rischi indicibili e traversie innumerevoli sono riuscito a risalire al testo originale, venendo a sapere che la storia non ha mai visto la pubblicazione, perché giudicata troppo visionaria.
È quindi con una certa soddisfazione che vi offro, in questo capitolo e nel prossimo, la storia breve "Dove vanno a finire i calzini spaiati?".



Cosa permette ai bambini di vivere le proprie emozioni in modo tanto più entusiasmante e coinvolgente rispetto ai grandi? Quando si cessa di essere ragazzi e si diventa adulti? È possibile crescere, invecchiare, mantenendo almeno in parte lo spirito della propria infanzia?

Dopo un periodo di vita spensierato, queste ed altre domande hanno affollato il mio povero intelletto; ma c’è n’è una che mi ha assillato più di ogni altra: dove vanno a finire i calzini spaiati?

La prima volta che sentii la Domanda, convivevo da circa un mese con una splendida ragazza di nome Viola. Mi stavo lavando i denti quando… «Bhla bhlabhalbhal bhlabhal. Bhla bhlabhlabhla? -pausa- MA INSOMMA, ALMENO RISPONDI!»

«Lo sai che non sento se dalla cucina mi parli mentre sono in bagno!» Classica frase, non priva di un fondo di verità, che uso quando scollego il cervello dalle orecchie.

«Ho chiesto se sai dove siano finite le mie calze blu. È possibile? Ho tre calze blu di Prussia e una blu di Persia. E poi la parigina color Borgogna è spaiata, quella che le somiglia di più è quella bordeaux, che è spaiata pure quella. Che fine hanno fatto?!»

Non lo sapevo. Veramente non sapevo nemmeno che esistessero tutti questi colori sparsi per il mondo. Non c'è da stupirsi visto che, a un mese dal trasloco nella nuova casa, il mio guardaroba ammontava a circa tre calzoni, due magliette e una camicia. Ognuno ha le sue priorità e per me la priorità è stata avere la mia libreria a portata di mano, i vestiti potevano aspettare.
A posteriori mi rendo conto di aver commesso un errore. Non tanto per la monotonia del mio vestiario, quanto perché nel frattempo lei ne aveva approfittato per prendere possesso di quasi tutto l'armadio, della cassettiera e della scarpiera, confinando il mio guardaroba ad un'anta e una scatola infilata sotto il letto. Si può quindi capire come mai sul momento non feci molto caso alla questione dei calzini scomparsi.



Pian piano la casa prendeva forma e diventava più confortevole. Dopo aver portato lo stretto indispensabile -cioè i miei libri e i suoi vestiti- cominciammo a traslocare le cose utili e infine quelle superflue, in ordine di importanza: il computer, i CD con lo stereo, quadri e soprammobili, infine i miei vestiti.

Con un maggior numero di suppellettili, le piccole sparizioni divennero più frequenti. Inizialmente pensai ad un wormhole all’interno della lavatrice, ma presto vidi che non era solo il bucato a svanire. Una volta era un foglio con degli appunti, un'altra volta un libro, e la cosa iniziava a diventare imbarazzante quando a sparire era uno dei miei calzoni mentre gli altri due erano uno da lavare e l'altro steso ad asciugare. Più spesso erano oggetti di vitale importanza per la mia compagna: il cellulare, l'agenda degli appuntamenti, il cellulare, documenti di lavoro, il cellulare, mollette per capelli...

La cosa più strana però, più che le sparizioni, sono i posti in cui ritroviamo le cose -può sembrare che confonda i tempi verbali, ma questi fenomeni accadono anche in questi giorni mentre scrivo-. Solitamente quando perdo qualcosa lo ritrovo in piena vista dove assolutamente non avrei potuto non vederlo, considerando poi che non fumo più. Oppure al contrario in posti assurdi: le chiavi nel portaombrelli, i calzini nelle tasche della giacca, i libri sotto il letto... ho persino trovato una gonna nel freezer, ma ho poi scoperto che l’aveva messa lì Viola per ibernare qualche sorta di tarma.

Inizialmente lo dicevo per scherzo, quasi senza pensarci: «Saranno i Folletti». Ma una sera cominciai a prendere la cosa sul serio. Erano ormai quaranta minuti abbondanti che Viola stava cercando la sua maglietta verde. Poco importava che fosse mezzanotte passata e si stesse per andare a letto, lei aveva bisogno di trovare la sua maglietta, subito. Non quella verde kaki, non quella verde pastello, né quella verde con le scritte nere. Voleva quella verde pisello. Non era un lapsus, si trattava proprio della maglietta.

Dopo un po' mi disinteressai alla questione, ma la tensione in casa si faceva sempre più palpabile.

«Vi prego Folletti, non fatemi questo. Ho bisogno della maglietta, ridatemela, per favore!» Faceva Viola quasi in lacrime, aggirandosi per la casa con aria spiritata.

A dimostrazione che ero diventato una persona seria, stavo già prendendo il cellulare per chiamare la neuro, ma non feci in tempo a comporre il numero, che ecco la maglietta sbucare da sotto un cassetto. Non chiedetemi dove sia il sotto di un cassetto.

A quel punto non potevo più fare lo scettico. È vero che si invecchia, ma non potevo certo dimenticare che nell'età dell'oro avevo vissuto per due anni in una casa abitata da uno Scazzamurrillo. Vi ho già raccontato cos'è uno Scazzamurrillo? Ad ogni modo sarebbe un discorso troppo lungo, e non ho ancora spiegato dove vanno a finire i calzini spaiati.

La spada, il cuore, lo zaffiro

Titolo: La Spada, il Cuore, lo Zaffiro
Autore: Antonella Mecenero
Editore: RiLL-Riflessi di Luce Lunare, distribuito da Wildboar
Pagine: 136
Costo: € 10,00
ISBN: 9788895186535

Questo che vado a mascherare come recensione, è in realtà un post di rosicamento, di profondo rosicamento.
C'è questa ragazza (dove "ragazza" è un termine aleatorio che varia col mio invecchiamento) che ho conosciuto tramite il suo blog Inchiostro fusa e draghi; una persona tranquillamente anormale con la quale, per una serie di eventi, ho instaurato un rapporto che sarebbe epistolare se lei avesse il mio stesso gusto per l'anacronismo. Sì, insomma, siamo amici su Facebook.
Chiacchierando di scrittura Tenar, la chiamerò col suo nick perché piacerebbe a Don Cyshiter, mi ha invogliato a partecipare ad un concorso per racconti fantastici, il Trofel RiLL, al quale lei aveva già partecipato con diverse storie, salendo più volte sul podio.
Avevo già letto alcuni racconti e un romanzo scritti da Tenar e li avevo reputati affini ai miei gusti e al mio livello. Sapendo che a lei era andata così bene mi sono fatto coraggio pensando di avere buone possibilità, pur trattandosi di un concorso molto prestigioso in questo settore specifico. Senza risparmiarmi ho inviato due racconti, uno dei quali lo reputo il migliore che io abbia scritto fin'ora.
Il risultato è stato che nessuno dei racconti ha vinto, né è arrivato fra i finalisti, né è stato selezionato fra quelli di possibile pubblicazione, né fra quelli passabili o degni di una qualche forma di attenzione.
Va be', è una delle prove che ogni scrittore deve mettere in conto quella di essere miseramente respinto, o peggio ignorato.
Posso superarla, con la convinzione che quello che ho scritto è un'opera stupenda e i giudici del concorso non capiscono un accidente.
Poi l'associazione di RiLL pubblica un'antologia monografica sui racconti di Tenar, così senza nemmeno un concorso, solo perché dicono che sia brava.
Posso superare anche questa, all'italiana, sapendo che deve sicuramente essere una raccomandata perché l'editoria in Italia è in mano a nepotisti. Ah, se solo avessi voglia di scrivere in Inglese, gli anglofoni sì che mi apprezzerebbero.
Poi lei, la sfacciata, mi manda una copia del libro, con dedica, una dedica proprio ispirata che manco Fabio Volo saprebbe fare di meglio: "Buona lettura", scrive.

Capitolo 38

Prosegue l'elogio, per nulla fazioso, del Gioco di Ruolo

«Se abbiamo fin'ora considerato GdR e letteratura dal punto di vista dell'utilità pratica per l'usufruitore finale,» proseguiva convinto il Paladino, «consideriamoli ora per la loro dignità artistica.
La letteratura gode di una tradizione radicata nei secoli e nessuna persona con un minimo di cultura esita a considerarla una forma d'arte. Il Gioco di Ruolo, invece, assume la sua forma attuale negli anni settanta, attingendo a piene mani dalla letteratura fantastica e cavalleresca, tanto che si può sostenere non senza ragione che senza questa letteratura non avemmo avuto Dunegons & Dragons.
Non voglio però farmi condizionare da facili stereotipi secondo i quali ciò che viene dopo sia necessariamente migliore o peggiore di quanto lo ha preceduto, esaminiamo i fatti.
Il GdR nasce come forma di puro intrattenimento e in quanto tale non mi sento di accreditargli valore artistico, ma consideriamo anche l'evoluzione che ha avuto nel corso di pochi decenni.
Molte delle espressioni dell'animo umano sono nate per esigenze futili o bassamente pragmatiche e si sono poi evolute in realtà di alto valore esistenziale, grazie alla nobiltà d'animo dei loro praticanti. Pensiamo ad esempio all'arte della forgiatura tradizionale della spada giapponese, che nacque come mero strumento di morte e nei secoli si è elevata a finezze artistiche che, per i conoscitori, nulla hanno da invidiare ai più grandi maestri della pittura.
Il Role Playing è uno strumento totipotente nelle mani degli appassionati. È stato usato in modi molto differenti, per puro intrattenimento, addirittura a sfondo sessuale, ma anche per scopi pedagogici o psicoterapeutici. Il crescente entusiasmo degli appassionati, con il conseguente apporto economico, ha portato poi a proporre un prodotto di qualità crescente anche dal punto di vista editoriale.
I romanzi di Margaret Weis e Robert Salvatore, che si compenetrano con i manuali di gioco, hanno portato linfa vitale nell'ambito della letteratura fantastica.
Oggi ci sono giochi come Sine Requie o De profundis, dove interi manuali sono scritti con artificio letterario tale da risultare a tutti gli effetti opere di narrativa, e non delle più basse aggiungo io.
Le tavole originali di alcune illustrazioni, come le opere di Tyler Jacobson, vengono oggi vendute in quanto vere o proprie opere d'arte, tanta è la bellezza compositiva.
E cosa dire dell'abilità recitativa dei giocatori, tanto importante nel gioco da venire valutata in tornei e ruolimpiadi fra i parametri principali per una squadra?
Da tutto ciò si evinca come il Gioco di Ruolo si sia velocemente evoluto da figlioccio mondano della letteratura, ad attività eclettica, che fa proprie numerose arti e permette alle migliori menti di esprimersi in modi potenzialmente infiniti. Pertanto, comprendendo in sé numerose arti, si può esso dire superiore ad ognuna di esse prese singolarmente, quod erat demonstrandum

Fra Tenebra e Abisso


Titolo: Fra Tenebra e Abisso
1: Il Marchio, 2: La Megera, 3-4: di futura pubblicazione
Autore/sviluppatore: TEAsoft
Pagine: bho?
Costo: più o meno offerta libera
ISBN: chi? 
Voto: Ma che, siamo a scuola?

Qualche tempo fa mi sono iscritto a Facebook con l'intento primario di pubblicizzare il mio blog.
Avevo appena iniziato a regalare il mio tempo a Zuckenberg, quando ho ricevuto la richiesta di amicizia da parte di un mio vecchio conoscente, un certo Andrea Maria Antigone.
Avevamo condiviso un'ottima partita di ruolo e ci eravamo scambiati un paio di email, ma mi stupii che si fosse messo a cercarmi su Facebook. Voglio dire: io di lui mi ricordavo perché uno che si fa chiamare "Andrea Maria Antigone" parte di default con la mia stima e simpatia; ma a lui cosa ne poteva fregare di uno che si fa chiamare "Dario Luigi Aldo"? Uno sembra il nome di un nobile decaduto, l'altro quello di un terzetto di comici.
Ho poi scoperto che, nonostante l'appellativo altisonante, i suoi progetti su Facebook erano meschini quanto i miei, anche se portati avanti con più competenza e migliori risultati. Insomma aveva scritto un librogame in collaborazione con altri loschi figuri, e per pubblicizzarlo aveva recuperato tutti i vecchi contatti. Come quando vieni mollato dalla ragazza e per non andare in bianco mandi messaggi a tappeto a tutte le ex, anche quelle più brutte.
Ebbene io, che nella metafora sono la ex bruttina e sfigata, ci sono cascato in pieno: ho letto il primo librogame gratuito e pure il secondo a pagamento. E ora ci scrivo una recensione, così forse anche lui leggerà qualcosa del mio blog.




Capitolo 37

Continua la storia della celebre Principessa Dorotea di Micomicone con altre graziose avventure

Tutti gioivano all'ostello per il ritrovato abbinamento delle coppie, specialmente i gestori del posto che avevano ricevuto un anticipo da parte di Fernando come risarcimento dei danni provocati da Don Cyshiter.
Solo Sergio aveva osservato gli avvenimenti con grande dolore, vedendo schiacciate dalla dura realtà le belle speranze di gratitudine da parte delle elfe di Micomicone, vedendo la Principessa tramutata in una semplice ragazza e il gigante in un figlio di papà lampadato.
Andò quindi a svegliare il suo compagno paladino.
«No, puoi anche continuare a dormire tranquillo, signor Paladino dalla Trista Figura, tanto non c'è altro da fare, la Principessa sta da favola.»
«Lo credo bene, ho dato al gigante una battaglia tanto straordinaria e sanguinosa che potrei non ne vedrò di uguali finché non raggiungerò i livelli epici. *Zan* gli ho troncato di netto la testa e il sangue grondava così copioso che sembrava acqua minerale.»
«Di più,» ribatté Sergio, «come se era vino rosso.
Perché, se non l'avevi capito, il gigante morto erano gli scaffali coi bottiglioni rotti e il sangue che colava era un fior di Barbera.»
«Che diamine vai dicendo, pazzo che sei?» Replicò Don Cyshiter.
«Tirati su dal letto,» riprese Sergio ringalluzzito, «e vedrai che casino che hai piantato, che bei danni ti tocca pagare. E vedrai la tua Principessa trasformata in una tipa che si chiama Dora, con altri casini che ti stupiranno.»
«Il gigante mutato in scaffali di vino?! NO, non può essere!» Per la prima volta, dacché erano partiti in cerca di avventure, Don Cyshiter impallidì per la paura e lo stupore. «Vogliono negarmi i Punti Esperienza!»
«Che cazzo dici?»
Non capisci, Sergio? Già ti dissi che ciò che accade fra queste mura è regolato da incantesimi d'illusione. E ora qualche malvagio stregone ha trasformato all'ultimo momento il gigante per impedirmi di ricevere la valanga di XP che avrei preso uccidendo il mostro da solo.»
Il Paladino impiegò alcuni momenti per ricomporsi. «Ma un vero eroe non si preoccupa di queste cose, sgominerò il male anche se un vampiro mi risucchiasse cinque livelli. Orsù, porgimi i vestiti e lasciami uscire, che voglio vedere io stesso gli avvenimenti e le trasformazioni di cui mi narri.»

Ripresa delle pubblicazioni

L'attesa per vedere un nuovo articolo su questo blog è stata lunga.
Ma non quanto quella per L'uomo che uccise Don Chisciotte, un film di cui so poco o niente ma che dal titolo mi fa presumere che centri qualcosa con Don chisciotte.
Grandioso, mi sono detto, pubblicità gratuita. Il piano era scriverene una recensione e beccare un sacco di visualizzazioni da parte di tutta la gente interessata al film.
Cosi sono andato al cinema e mi sono visto la storia di un poliziotto di colore che si infiltra sotto copertura nel Ku Kulx Klan. Già, perché dopo sette giorni esatti avevano già tolto Don Chisciotte dalle sale.
Grande delusione, grande scoramento. Ma è così che va il mondo: Don Chisciotte viene rimandato a casa con una pedata in culo dopo una settimana di programmazione, mentre Pupazzi senza gloria sbanca ancora al botteghino. E pensare che avevo già in mente di iniziare una rubrica dedicata alle recensioni di libri fantasy o riguardanti l'hidalgo della Mancia.

Però è capitato anche che mia figlia mi facesse un regalo: un'illustrazione di Don Chisciotte per il mio blog.
E allora come non gasarmi?
Questo incoraggiamento mi ha spinto a preparare alcuni capitoli, e anche altri articoli da alternare alla storia.
Questo spazio virtuale rimane la mia palestra di scrittura, questo vole anche dire che probabilmente prima o poi subirà altre pause perché conto di dedicarmi anche ad altri progetti. Ma per qualche tempo pubblicherò con cadenza settimanale e prima o poi, lentamente e inesorabilmente, con la dereminazione di una tartaruga affetta da deficit dell'attenzione, porterò a conclusione questo progetto.

Vi lascio dunque, signore e signori, al capitolo 36, dove la storia riprende dal punto in cui l'avevate dimenticata. E vi presento anche una recensione, in mancanza del film sopracitato, di un evento di Gioco di Ruolo dal Vivo a cui ho partecipato, che ha contribuito anch'esso a darmi la carica per rimettermi alla tastiera.



SubLuminal

Questa che tenterò di far passare come recensione di un evento ludico, è in realtà una clamorosa marchetta pubblicitaria.
Non tanto per l'associazione che ha organizzato l'evento, che conta sicuramente molti più giocatori di quanti non saranno mai i miei lettori, quanto piuttosto per qualcos'altro che spero emergerà nella lettura.

SubLuminal è un evento di Gioco di Ruolo dal Vivo, anche conosciuto come "Live Action Role Playing", LARP per gli amici. Si è da poco svolto fra le mura del Forte Ardietti e nelle due repliche ha coinvolto circa 240 giocatori.
A questo punto forse dovrei spiegare cosa sia un LARP, ma siccome mi rivolgo ad una platea selezionata di nerd la farò breve: un gioco di ruolo recitato e non narrato. I giocatori e i PNG, tutti in costume, mettono in atto le azioni che vogliono compiere anziché descriverle.
Vuoi contrattare col mercante o sentire se ci sono rumori dietro la porta? Non tirare dadi, fallo e basta. Vuoi sedurre la damigella? Tanti auguri. Vuoi ammazzare il ladro che ti ha sfilato la scarsella? No, ecco, questo ci si limita a mimarlo.
Ad ogni modo, se volete capire meglio cosa sia un LARP potete guardare questo breve video, fatto da gente che ne sa molto più di me. L'argomento che voglio trattare oggi è un altro.

Veniamo quindi a SubLuminal, oggetto della nostra recensione farsa, un evento che si ispira dichiaratamente ai film fantasy degli anni '80, come La Storia Infinita, Labyrinth e Lady Hawk.

Capitolo 36

Colpi di scena poco credibili

Il gestore dell'ostello entrò nella sala comune con un'espressione gaia, come se per un attimo avesse dimenticato le incazzature procurategli da Don Cyshiter.
«Ha appena parcheggiato nel cortile una Porche decappottabile nera.» Disse sfregandosi le mani.
«Chi c'è dentro?» Chiese Giuliano.
«Una coppia giovane, se ho visto bene. Ovviamente lui è alla guida e lei è molto carina.»
Con discrezione Dora lasciò la stanza e un attimo dopo anche Giuliano andò a ritirarsi nella camera dove dormiva Don Cyshiter.
Fecero il loro ingresso nell'ostello un giovane lampadato e ben vestito, e una ragazza di una bellezza delicata, resa più melanconica dall'espressione triste.
«Chi sono?» Chiese Pietro Pere al suo amico Nicola.
«E come faccio a saperlo io?» Rispose, ovviamente, questi. «Perché mai dovrei conoscere due persone che entrano casualmente in un locale a caso dove non ero mai stato prima, a diversi chilometri da casa mia?»
«Buonasera, vorremmo cenare e una stanza per la notte.» Disse il ragazzo.
«Due stanze separate.» Si affrettò a specificare lei. «E non gli chiedi se magari l'hanno visto?»
«Ma sì, siamo appena arrivati, dammi il tempo!»
«Ma certo, appena arrivati la cosa da fare è cercare di infilarsi a letto! Guarda che sono qui solo per cercare Giuliano, non ti mettere in testa strane idee.»
Nel dire questo la bella ragazza aveva alzato la voce, e dal dormitorio l'aveva chiaramente udita lo stesso Giuliano che ella aveva appena nominato.
«Lucia!» Esclamò questi uscendo allo scoperto.
«Non ci posso credere, Giuliano! Ti abbiamo cercato ovunque, ci avevano detto che eri ammattito!»

Pausa primaverile

Nel rispetto della tradizione di pause di questo blog, annuncio un nuovo periodo di attività ridotta.
Mi trasferisco e per qualche settimana non avrò internet a casa. Essendoci una certa possibilità che il mio datore di lavoro legga il blog, devo mantenere la facciata e non far capire che scrivo D&Don Cyshiter durante le ore retribuite.
Conto di riprendere a pubblicare regolamrente da Maggio.

È pur vero che il mio datore di lavoro sono io, quindi di tanto in tanto mi concederò una breccia nella sorveglianza per postare qualche boiata.
Se volete rimanere aggiornati sulle boiate, potete ricevere aggiornamenti via email iscrivendovi tramite l'apposita funzione che trovate nella colonna a destra, se state leggendo da un PC fisso.

Capitolo 35

Trattasi della valorosa e smisurata battaglia che fece Don Cyshiter con delle bottiglie di vino, e si pone finalmente fine alla novella necroerotica K626

La lettura della storia era vicina al termine, quando dalla camera dove si era ritirato Don Cyshiter arrivò Sergio Zanca, trafelato e scomposto, gridando:
«Aiuto, aiuto! Venite ad aiutare il mio amico che sta combattendo una terribile battaglia.» Gli astanti lo guardarono sbigottiti.
«Ve lo giuro su mia madre! C'è il gigante nemico della principessa Dorotea, e Don Cyshiter gli sta ficcando tante spadate che deve avergli mozzato la testa.»
«Ma che dici, siamo a venti chilometri dalla Mandria.» Disse Pietro cercando di calmarlo. Ma dalla porta, che Sergio aveva aperto per entrare nella sala, provenivano strepiti e fracasso:
«Fermati ladrone, Malandrino, poltronaccio, che ti ho già preso e a nulla varrà la tua scimitarra.»
«Non state lì impalati, venite presto.» Incalzava lo scudiero. «Uno scontro così non si vedeva da quando mio cugino Rosario ha beccato un tipo che toccava il culo alla sua ragazza!»
Si udì un rumore di vetri infranti, Sergio si voltò a guardare verso la stanza ed esclamò:
«Santo Cielo! Deve aver staccato la testa al gigante, venite a vedere, c'è il sangue che bagna tutto per terra.»
«Nooo!» Proruppe l'oste. «Don Cretino avrà rotto le bottiglie della credenza, altro che sangue, balordo ritardato!»
Entrò subito nel camerone, seguito da tutti gli altri, e vi trovò Don Cyshiter in camicia. Teneva avvolta intorno al braccio sinistro quella stessa coperta che Sergio odiava non senza ragione, e col destro brandiva la spada con cui menava colpi spietati. Parlava come se stesse combattendo contro il gigante Zardu, ma teneva gli occhi chiusi, preda di un sonnambulismo sfrenato.
Era così calato nel proprio sogno di battaglia che aveva sfracassato a colpi di arma bianca numerose bottiglie decorative di vino poste su una credenza e tutto il pavimento era coperto di liquido rosso e cocci di vetro.
L'oste, come posseduto dallo spirito di Binnu u' Tratturi, si scagliò contro il ragazzo e lo sommerse di randellate fintanto che Pietro e Giuliano non lo portarono via di peso.

Capitolo 34

Continua la novella necroerotica K626

La moglie, credo si chiamasse Constanze, ci fece entrare in un appartamento stretto dal pavimento cigolante. Il corpo ci attendeva, gonfio e giallognolo, in una stanza dove le finestre aperte lasciavano entrare tutto il gelo del tardo autunno.
«Ci manda il signor Letgeb a prendere gli spartiti dell'opera che aveva commissionato a vostro marito.» Dissi dopo alcune frasi di circostanza.
«Sono spiacente, l'opera è quasi terminata ma in questo momento è in mano ad uno stimato collaboratore di mio marito, il signor Eybler, che sta apportando le ultime correzioni.»
Ansiosa di liberarsi di noi, ci fornì facilmente l'indirizzo.

«E fin qui tutto bene. Quand'è che scatta la depravazione?»

Lo trovammo ancora sveglio, chino sugli spartiti, con gli occhi arrossati e le mani nere d'inchiostro.
«Non posso darvi gli spartiti, non sono pronti.» Blaterava senza alzare lo sguardo sul pentagramma. «Forse non saranno mai pronti, io non sono all'altezza.»
«Dacci tutto il materiale che hai a riguardo.
Ora.»
Il Dominio mentale di Miss. Swanson mi avrebbe risparmiato l'uso della forza. Incredibilmente però quel mortale non reagì come avrebbe dovuto.
«L'opera è incompleta, non sono all'altezza di quelle liriche, forse solo il Maestro lo era.»
«Quali liriche?» Chiesi.
«Le ha Magdalena, l'allieva. Sono così... così...»
«Così inutili.» Lo interruppe la Malkava. «Siamo qui per gli spartiti di Mozart, il lavoro dei parolieri non ci interessa.» Prese dalla scrivania i fogli cui stava lavorando l'uomo, frugò nei cassetti e infilò in una borsa di pelle tutto ciò che poteva sembrare uno spartito.
Io mi avvicinai al compositore.
«Di che liriche si tratta? Le messe da requiem non dovrebbero avere tutte lo stesso testo?»
«Lascia stare Katja, quest'uomo non ci sarà di alcuna utilità, è chiaramente vittima di una grave depressione.
Non è vero signor Eybler?»
Gli afferrò il viso e lo obbligò a guardarla negli occhi.
«Coraggio, sfogati, piangi per la perdita del genio di Mozart, piangi per la tua inferiorità.»
L'uomo scoppiò in un pianto disperato, prese a graffiarsi il volto e strapparsi i capelli.
«Si riprenderà.» Mi disse Swanson accennando un vago sorriso. «Ha solo bisogno di elaborare il lutto.»

7 pessime ragioni per leggere D&Don Chyshiter della Mandria

  1. Non contiene olio di palma.
    Quindi di sicuro fa bene alla salute.
  2. Tutti gli utili ricavati saranno devoluti in beneficenza.
    Al momento abbiamo un passivo di circa 30 € ma il mio parroco non vuole rimborsarmeli. Sempre pronti a condividere solo quando c'è da guadagnarci...
  3. Ora funziona l'iscrizione via email.
    Potete inserire nella barra laterale del blog l'indirizzo email di quelli che vi stanno antipatici, che verranno così tempestati di mail contenenti i nuovi capitoli.
  4. Don Cyshiter non si candiderà alle prossime elezioni.
    Questo rende la sua storia molto più credibile della maggior parte delle cose che si leggono ultimamente.
  5. Contiene una storia-nella-storia: la Novella necroerotica K626.
    Noiosa e completamente fuori contesto, proprio come la Novella del curioso indiscreto del Don Chisciotte. La cosa positiva è che essendo del tutto inutile per la trama principale, potete saltarne la lettura a piè pari.
  6. È un prodotto di nicchia.
    Non lo conosce nessuno, questo vi dà la possibilità di fare gli spocchiosi intellettuali radical-chic. Basterà che sosteniate di leggere "una rivisitazione del capolavoro di Cervantes in chiave contemporanea, con riferimenti a Gygax e altri autori moderni".
  7. C'è la foto di un gattino.
    Tutti questi motivi non vi bastano?
    Dovrò giocare sporco e mettere l'immagine di un gattino. È scientificamente dimostrato che una foto di gattino aumenta le visualizzazioni del 415,7%. Io mi limito a mettere un disegno, altrimenti verrebbe meno il punto 6.

Capitolo 33

 La novella necroerotica K626

Questa storia, frutto della passione per il GdR di una giovane adolescente in piena tempesta ormonale, viene riportata così come è pervenuta a seguito delle mie ricerche.
In quanto curatore del blog e cronista imparziale, non mi assumo alcuna responsabilità derivante dal contenuto della storia. Qualsiasi riferimento a luoghi, persone e fatti realmente accaduti, per quanto preciso e perfettamente collimante con essi, è puramente casuale.

Mentre la carrozza ci conduceva fuori Vienna, cercavo di concentrarmi ad ammirare la luna che sarebbe presto scomparsa dietro i monti aguzzi, così come quel secolo diciottesimo sarebbe stato presto travolto da una corrente di idee nuove.
Assaporavo l'odore di resina dei pini e ascoltavo il battere ritmico degli zoccoli dei cavalli, qualsiasi pensiero pur di non soffermarmi troppo sulla mia compagna di viaggio: Miss Swanson.
Quella silenziosa figlia di Malkav si era dimostrata eccezionalmente normale fino ad allora. Tutti i Fratelli del suo Clan covano devastanti aberrazioni mentali, e il fatto che le sue fossero silenti e dimenticate la rendeva solo più pericolosa e inquietante.
Il cocchiere si fermò per farsi aprire il cancello d'ingresso della tenuta Walsegg, da lì impiegò altri venti minuti per attraversare il parco lungo un viale adorno di statue di marmo.
Ci lasciò di fronte alla villa e si allontanò senza indugiare, i cavalli non amavano mai stare vicino a quelle come me.
Nessuno venne ad aprirci, il palazzo sembrava vuoto. Miss Swanson aprì il portone ed entrò senza esitazione.
«Da questa parte.» Disse incamminandosi verso un corridoio buio.
Attraversata una porta mi resi conto che stava seguendo il suono di un organo udibile in lontananza. Risalimmo verso la fonte, attraverso gallerie di quadri, esposizioni di armi, di orologi da parete e da camino, stanze affrescate e scale che erano in sé delle opere d'arte. Una dimostrazione di potere, come se il solo nome di quell'antico Primogenito, Franz von Walsegg, non fosse bastato a metterci in soggezione.
La musica proveniva da una piccola cappella sul retro della costruzione, ma non era un'opera sacra, si trattava piuttosto di una fantasia andante moderna. Quando la Malkavian aprì la porta, lo vedemmo: era seduto, anzi quasi disteso, su una poltrona di pelle rossa, il capo reclinato indietro con occhi e labbra socchiusi, i capelli sciolti lungo lo schienale, le mani abbandonate oltre i braccioli con i palmi rivolti verso l'alto.
Di fronte a lui, un giovane interpretava con trasporto il brano, scorrendo tasti e pedali di un organo rococò.
Rimanemmo immobili e silenti fino alla fine dell'esecuzione.
Nel silenzio che seguì l'eco della musica, Miss Swanson fece schioccare la lingua. Lui aprì gli occhi.
Si alzò in piedi lentamente, congedò l'organista con un cenno delle dita e venne verso di noi.
Indossava i pantaloni di un tre pezzi alla francese, ma in vece di giacca e panciotto indossava solo una camicia sfrontatamente sbottonata. Mentre si avvicinava provai una sensazione che mi era ormai estranea da tempo: mi sentii una preda, eppure ero incapace di reagire in alcun modo.

«Ma reagire a cosa, poi?»
«A quella sfrontata della sua camicia, immagino.»

Quando mi fu di fronte, prese la mia mano fra le sue. Le sue unghie erano artigli di avorio lucido; la sua pelle, più bianca dei pizzi della camicia, era solcata da vene gonfie per un pasto recente. Mi sentii mortificata: le mie mani, dai dorsi coperti di fine peluria bionda, sembravano abomini fra le sue dita perfette; poi lui mi baciò le nocche, si soffermò più del dovuto ed ebbi l'impressione che mi avesse sfiorata con la lingua, per un attimo ebbi l'impulso di ritrarmi, ma lui mi sorrise e accennò un inchino.Non riuscii a distaccare lo sguardo dal suo profilo perfetto mentre salutava alla stessa maniera l'altra ospite.

«Ma chi è, Loris Batacchi? E poi che schifo, lei c'ha le mani pelose!»
«Dai per scontato che il narratore sia una donna. Comunque sarà una Gangrel, sono vampiri che tendono a sviluppare tratti animali.»
«No, ma allora sono tutti vampiri! Colpo di scena!»

Capitolo 32

Dove Don Cyshiter torna al Rifugio degli Elfi con i propri seguaci

Per entrare nel regno segreto di Micomicone, era necessario possedere un oggetto magico custodito da un alleato del suo popolo: il re elfico che Don Cyshiter aveva conosciuto al "Rifugio degli Elfi".
Per proteggere il segreto, Dorotea lo rivelò a Don Cyshiter solo a metà strada, così la carovana subì una deviazione dopo la sosta per il rifornimento.
Quando Sergio riconobbe la loro destinazione, avrebbe dato qualsiasi cosa per non dover entrare nell'ostello, avrebbe anche rinunciato alla maionese nei panini e al parmigiano sulla pasta. Ma era ormai troppo tardi per tornare indietro, l'ora di cena era giunta e tutti erano entusiasti di fermarsi in quella bettola.
La nobile Micomicona con la sua guardia del corpo precedettero il gruppo per introdurlo al re di quegli elfi. Nicola dovette scucire non pochi soldi per convincere il re elfico a dimenticare l'episodio di pochi giorni prima e concedere loro l'uso di un dormitorio. La moglie e Maritorna, invece, avevano ormai preso in simpatia la coppia di strani eroi, che aveva dato loro materiale con cui intrattenere la platea della parrucchiera per tutto il tempo di una permanente.
Alla fine, il ritorno di Don Cyshiter fu accolto con entusiasmo, e quei pochi avventori che sembravano disinteressati al paladino, prestavano tutta la propria attenzione a Dora.
Don Cyshiter andò a letto senza nemmeno attendere la cena, stremato dagli allenamenti e dalle privazioni di quella giornata e ancora assai dolorante per i copi ricevuti nei giorni precedenti.
Giuliano si lavò, si rase la barba, ed ebbe degli abiti nuovi, gentilmente forniti dall'ostello dopo una generosa donazione da parte di Pietro. Così ripulito il ragazzo era così diverso da come appariva nei boschi, da non aver più bisogno della barba posticcia per non farsi riconoscere da Don Cyshiter.

Capitolo 31

Del piacevole resoconto di Sergio Zanca, più varie ed eventuali

Pietro Pere e Dora erano rimasti un po' in disparte rispetto a Don Cyshiter e al suo scudiero, e il maestro di scuola fece i complimenti a Dora per la sua inventiva e le sue doti recitative.
«Da piccola leggevo un sacco di romanzi fantasy, è solo che ora sono un po' arrugginita in materia.
La parte più difficile per me è moderare il linguaggio, perché il tuo amico fa e dice talmente tante stronzate che mi vien voglia di urlargli qualche bestemmia per farlo svegliare.
«No, no, non credo che servirebbe. Va benissimo come stai facendo.»
«Comunque, io uno più sbarellato non l'ho mai visto; ma ci crede veramente a tutte quelle minchiate?»
«Davvero incredibile.» Intervenne Giuliano. «Mi ricorda quasi Don Chisciotte. Anche il nome, adesso che ci penso...»
«La cosa più assurda,» spiegò Pietro, «è che, se non si parla di Dungeons & Dragons, Donato ragiona perfettamente. È anzi una persona intelligente e sensata, ragiona meglio di me finché non entra in gioco qualcosa che centri col fantasy.»

Salirono ciascuno sui propri mezzi; Giuliano andò con Pietro mentre Nicola, con la scusa di tener fede alla propria parte di guardia del corpo, si infilò nella macchina di Dora.
La piccola carovana si incamminò seguendo la strada che costeggia il lago alla lenta andatura imposta dal Grigio. Dopo Gozzano la strada proseguiva verso sud con meno curve, così Don Cyshiter ne approfittò per accostarsi a Sergio Zanca e interrogarlo:

Capitolo 30

Della storia inventata dalla bella Dora e di altre piacevoli facezie

Pietro Pere non aveva ancora finito di parlare, che Sergio si intromise:
«Ad essere sincero è stato il mio amico a fare quel casino. Sì che gli avevo detto che non era un atto eroico liberare quella gente, che se li stavano sbattendo al fresco un motivo ci sarà stato.»
Si difese allora Don Cyshiter:
«Non è compito di noi paladini erranti investigare e conoscere l'allineamento di ogni afflitto od oppresso nel quale ci imbattiamo. è anzi nostro dovere soccorrerli, qualunque sia la causa delle loro pene, guardando unicamente alle loro sofferenze e non alle furfanterie di cui si sono macchiati.
Io mi sono incontrato con delle persone tribolate, e ho esercitato verso di loro la pietà della fede che professo. E sono pronto ad affrontare a duello chiunque sostenga che ciò sia malfatto.»
Dora vide come tutti si stavano divertendo alle spalle di Don Cyshiter e Sergio, e non volle essere da meno.
«Signor cavaliere, ricordatevi che mi avete promesso di non impegnarvi in altre imprese finché non avrete aiutato me. Questo galantuomo qui presente, non avrebbe parlato così se avesse saputo chi è stato a liberare quei furfanti.»
«Tratterrò, signora mia, la giusta collera che già si gonfiava nel mio petto; ma in cambio vi supplico di narrarmi la vostra sventura e darmi maggiori informazioni su quante e quali creature io debba affrontare, acciocché io abbia una misura del Grado Sfida che mi si prospetta dinnanzi.»
«Ma che mii...isteriose parole che usate, cavaliere.
Sappiate dunque che mi chiamo... mi chiamo...» Rivolse al barbiere-elfo-ninja un'occhiata per chiedere il suo intervento.
«Ella è Dorotea da Micomicone, e al suo rango non si conviene che si presenti da sola. Gli amici possono chiamarla Nobile Micomicona.»
«Ebbene è così. Mio padre è il re di Micomicone e si chiama Trinacrio. Egli ha ricevuto l'offerta di un viscido, putrido, fetido gigante di nome Zaurdu, che mi pretendeva come sua concubina in cambio di una grande quantità d'oro.
Io ovviamente non avrei mai accettato, così Zaurdu ha invaso il nostro regno e ucciso il mio buon padre. Prima di morire, però, siccome era abile nelle arti magiche, ha profetizzato che per liberare Micomicone avrei dovuto viaggiare fino al Lago d'Orta e lì trovare il grande cavaliere Don Cyshiter.»
«Detto anche il Paladino dalla Trista Figura.» Puntualizzò Sergio Zanca.

Capitolo 29

Seguita la narrazione e poi si tratta dell'artificio usato per distogliere il nostro paladino dal suo intensissimo allenamento

Fra lacrime singhiozzi la bella affranta consumò i fazzoletti del maestro e del barbiere.
«Dimmi te se non è una vacanza di merda. La gente si lamenta delle cartacce buttate sul lido, ma 'sti stronzi che si siedono al chioschetto nessuno li pulisce.»
Tacque dopo aver detto ciò, col volto acceso da un rossore che palesava la rabbia e la paura che celava nel cuore. Le sue parole produssero in chi l'aveva ascoltata non so se più rammarico o meraviglia; e sebbene Pietro volesse cercare di consolarla e darle consiglio, Giuliano lo prevenne dicendo:
«Tu devi essere Dora e stavi con Ferdinando ####. Lo conosco, mi ha parlato di te.»
Restò meravigliata Dora nel sentire il proprio nome.
«E tu chi cazzo saresti?»
«Sono quell'infelice che fu promesso sposo alla ragazza di Novara, dalla quale secondo le tue parole Fernando si rifugiò "per stare solo". Sono lo sventurato Giuliano, ridotto alla follia da colui che ha spinto anche te ad allontanarti dalla città natia.
Ma le tue parole mi hanno riportato nuova speranza, giacché ora so dal modo in cui ti ha trattata che razza d'uomo egli sia, e so che non può essere sincero il desiderio che lo ha condotto da Lucia. Voglio aiutarti dunque a ritrovare Fernando e obbligarlo a tener fede alle sue promesse nei tuoi confronti.»
Ciò fu una sorpresa per Dora, che non mancò di palesare la propria meraviglia:
«Ma come cazzo parli? Ti sei pippato merda di criceto?»
Giuliano fu scosso da questa risposta colorita, ma Pietro intervenne prontamente, accompagnando un attimo in disparte la balla giovane e parlandole sottovoce.
«Il ragazzo, Giuliano, ha dei problemi psichiatrici. Stiamo cercando di riportare a casa lui e un nostro amico, che è scappato di casa da giorni, ma ci vuole tatto perché col caldo sono proprio partiti di testa.
Non sono pericolosi per gli altri, ma ti prego di assecondarlo almeno un po', temo che potrebbe commettere qualche imprudenza.»
Questo le disse, e le raccontò nel dettaglio la tragica situazione di Donato e il loro piano per riportarlo a casa.
Oh meraviglia della mente umana che pensa l'impensabile!
Non mi è dato sapere cosa sia passato in testa a questa ragazza, ma il dato di fatto è che ha scelto di prendere parte alla messa in scena dei due amici di Don Cyshiter e accompagnarsi a questa strana comitiva.
Così posso narrare l'inverosimile, con la consapevolezza di raccontare la verità, con buona pace dei savi scrittori che vorrebbero che i personaggi facessero scelte coerenti e credibili.