Pausa primaverile

Nel rispetto della tradizione di pause di questo blog, annuncio un nuovo periodo di attività ridotta.
Mi trasferisco e per qualche settimana non avrò internet a casa. Essendoci una certa possibilità che il mio datore di lavoro legga il blog, devo mantenere la facciata e non far capire che scrivo D&Don Cyshiter durante le ore retribuite.
Conto di riprendere a pubblicare regolamrente da Maggio.

È pur vero che il mio datore di lavoro sono io, quindi di tanto in tanto mi concederò una breccia nella sorveglianza per postare qualche boiata.
Se volete rimanere aggiornati sulle boiate, potete ricevere aggiornamenti via email iscrivendovi tramite l'apposita funzione che trovate nella colonna a destra, se state leggendo da un PC fisso.

Capitolo 35

Trattasi della valorosa e smisurata battaglia che fece Don Cyshiter con delle bottiglie di vino, e si pone finalmente fine alla novella necroerotica K626

La lettura della storia era vicina al termine, quando dalla camera dove si era ritirato Don Cyshiter arrivò Sergio Zanca, trafelato e scomposto, gridando:
«Aiuto, aiuto! Venite ad aiutare il mio amico che sta combattendo una terribile battaglia.» Gli astanti lo guardarono sbigottiti.
«Ve lo giuro su mia madre! C'è il gigante nemico della principessa Dorotea, e Don Cyshiter gli sta ficcando tante spadate che deve avergli mozzato la testa.»
«Ma che dici, siamo a venti chilometri dalla Mandria.» Disse Pietro cercando di calmarlo. Ma dalla porta, che Sergio aveva aperto per entrare nella sala, provenivano strepiti e fracasso:
«Fermati ladrone, Malandrino, poltronaccio, che ti ho già preso e a nulla varrà la tua scimitarra.»
«Non state lì impalati, venite presto.» Incalzava lo scudiero. «Uno scontro così non si vedeva da quando mio cugino Rosario ha beccato un tipo che toccava il culo alla sua ragazza!»
Si udì un rumore di vetri infranti, Sergio si voltò a guardare verso la stanza ed esclamò:
«Santo Cielo! Deve aver staccato la testa al gigante, venite a vedere, c'è il sangue che bagna tutto per terra.»
«Nooo!» Proruppe l'oste. «Don Cretino avrà rotto le bottiglie della credenza, altro che sangue, balordo ritardato!»
Entrò subito nel camerone, seguito da tutti gli altri, e vi trovò Don Cyshiter in camicia. Teneva avvolta intorno al braccio sinistro quella stessa coperta che Sergio odiava non senza ragione, e col destro brandiva la spada con cui menava colpi spietati. Parlava come se stesse combattendo contro il gigante Zardu, ma teneva gli occhi chiusi, preda di un sonnambulismo sfrenato.
Era così calato nel proprio sogno di battaglia che aveva sfracassato a colpi di arma bianca numerose bottiglie decorative di vino poste su una credenza e tutto il pavimento era coperto di liquido rosso e cocci di vetro.
L'oste, come posseduto dallo spirito di Binnu u' Tratturi, si scagliò contro il ragazzo e lo sommerse di randellate fintanto che Pietro e Giuliano non lo portarono via di peso.

Capitolo 34

Continua la novella necroerotica K626

La moglie, credo si chiamasse Constanze, ci fece entrare in un appartamento stretto dal pavimento cigolante. Il corpo ci attendeva, gonfio e giallognolo, in una stanza dove le finestre aperte lasciavano entrare tutto il gelo del tardo autunno.
«Ci manda il signor Letgeb a prendere gli spartiti dell'opera che aveva commissionato a vostro marito.» Dissi dopo alcune frasi di circostanza.
«Sono spiacente, l'opera è quasi terminata ma in questo momento è in mano ad uno stimato collaboratore di mio marito, il signor Eybler, che sta apportando le ultime correzioni.»
Ansiosa di liberarsi di noi, ci fornì facilmente l'indirizzo.

«E fin qui tutto bene. Quand'è che scatta la depravazione?»

Lo trovammo ancora sveglio, chino sugli spartiti, con gli occhi arrossati e le mani nere d'inchiostro.
«Non posso darvi gli spartiti, non sono pronti.» Blaterava senza alzare lo sguardo sul pentagramma. «Forse non saranno mai pronti, io non sono all'altezza.»
«Dacci tutto il materiale che hai a riguardo.
Ora.»
Il Dominio mentale di Miss. Swanson mi avrebbe risparmiato l'uso della forza. Incredibilmente però quel mortale non reagì come avrebbe dovuto.
«L'opera è incompleta, non sono all'altezza di quelle liriche, forse solo il Maestro lo era.»
«Quali liriche?» Chiesi.
«Le ha Magdalena, l'allieva. Sono così... così...»
«Così inutili.» Lo interruppe la Malkava. «Siamo qui per gli spartiti di Mozart, il lavoro dei parolieri non ci interessa.» Prese dalla scrivania i fogli cui stava lavorando l'uomo, frugò nei cassetti e infilò in una borsa di pelle tutto ciò che poteva sembrare uno spartito.
Io mi avvicinai al compositore.
«Di che liriche si tratta? Le messe da requiem non dovrebbero avere tutte lo stesso testo?»
«Lascia stare Katja, quest'uomo non ci sarà di alcuna utilità, è chiaramente vittima di una grave depressione.
Non è vero signor Eybler?»
Gli afferrò il viso e lo obbligò a guardarla negli occhi.
«Coraggio, sfogati, piangi per la perdita del genio di Mozart, piangi per la tua inferiorità.»
L'uomo scoppiò in un pianto disperato, prese a graffiarsi il volto e strapparsi i capelli.
«Si riprenderà.» Mi disse Swanson accennando un vago sorriso. «Ha solo bisogno di elaborare il lutto.»