Capitolo 22

Don Cyshiter libera dei disgraziati che erano trattenuti contro la loro volontà

Questo episodio è ben documentato nei rapporti della polizia locale, attribuito ad ignoti, e spero vivamente che riportarlo su questo blog non crei problemi giuridici a nessuno.
Ebbene, mentre tra i due avventurieri passavano i discorsi che ho raccontato, Don Cyshiter alzò gli occhi e vide due uomini che venivano trascinati da altrettanti uomini in divisa, non senza dimenarsi e protestare, verso una volante dei carabinieri.
Sergio commentò subito: «Mi sa che gli sbirri se li portano in galera, che gli piaccia o no. Meglio loro che noi.»
«Come,» domandò Don Cyshiter, «è possibile che le forze dell'ordine facciano forza a qualcuno contro il suo volere?»
«Perché, c'è qualcuno che vorrebbe farsi arrestare?»
«Insomma, queste persone vengono coercite, la loro libertà violata.»
«E grazie tante, certo, avranno fatto qualcosa. Persino mio cugino...»
In mezzo al discorso furono raggiunti dalle due coppie. I carabinieri, troppo impegnati a sedare i facinorosi, davano per scontato che i cittadini si sarebbero scansati e non avevano notato l'aspetto eccentrico del paladino. Rimasero interdetti quando questo si avvicinò loro e domandò cortesemente la ragione per cui quella gente veniva arrestata.
Uno di quelli in divisa gli rispose che non doveva preoccuparsene e di allontanarsi per sicurezza.
Il ragazzo però continuò con altre formali richieste di conoscere l'imputazione o quale altro motivo avevano di portarli via, e tanto insisté che un carabiniere disse, rivolto al malfattore che teneva per la collottola:
«Dai, racconta al signore che hai combinato, su.»
«Eh, perché, per amore.» Rispose quello in tono strascicato.
«Invero?!»
«Eh, certo, per amore della birra e della figa, che se non era per le due cose insieme non mi mettevo a fare a botte in mezzo alla strada.»
«Una tenzone, dunque; spero si trattasse di giusto duello.
E voi, che siete costretto in ceppi, venite condotto per la medesima cagione?» Chiese Don Cyshiter rivolto all'altro facinoroso, che aveva le manette ai polsi.

«Questo ha vinto il primo premio perché ha cercato di prendere a cazzotti anche noi.» Rispose un carabiniere. «D'altronde è una vecchia conoscenza, vero Parapiglia?»
«Non mi chiamo Parapiglia, mi chiamo Gino Passamonte, te l'ho detto.» Ribatté quello.
«Certo, ma aspetto ancora di vedere i documenti. Nel ventunesimo secolo non ci sono ragazzi che si chiamano Gino.»
«C'è anche scritto sul mio cellulare, c'è tutta la mia vita lì, ti direi il PIN ma ho paura che tu ci scopra il numero di tua madre.»
Il carabiniere alzò una mano per colpire Passamonte, ma Don Cyshiter si frappose.
«Quantunque questi uomini siano rei di violenza colti in fragrante, non alzerete le mani su di loro finché non abbiano avuto giusto processo. Solo chi serve una giustizia superiore a quella degli uomini può arrogarsi il diritto di punire in loco i malvagi; voi servi prezzolati della legge non avete votato ad essa le vostre esistenze; trattate dunque questi gentili signori come tali e sciogliete i loro vincoli.»
Il carabiniere sembrò accorgersi solo allora delle assurde armi portate dal paladino, e disse:
«E tu invece chi cavolo saresti? Tira un po' fuori i documenti.»
«Io sono il braccio della giustizia divina!» E, detto fatto, lo investì con furia sbattendolo a terra.
L'altra guardia rimase sbigottita un attimo, ma appena realizzò l'accaduto si lanciò contro Don Cyshiter cercando di immobilizzarlo. Il paladino se la sarebbe vista brutta se i due delinquenti non fossero intervenuti nella zuffa: prima atterrarono anche il secondo carabiniere, poi stordirono entrambi con dei colpi sul viso, e infine; prima che essi potessero riprendersi, corsero alla vicina volante e scapparono via sgommando.

Don Cyshiter, forse rendendosi conto di quanto aveva fatto, o forse invasato da qualche altro demone, si lanciò immediatamente al loro inseguimento.
Mentre i carabinieri si rialzavano e Sergio arrancava sul suo Phantom grigio cercando di coprirne la targa, Sgommodura era ormai lontana e aveva quasi raggiunto i fuggitivi.
Don Cyshiter si affiancò all'automobile e urlò contro il finestrino:
«È proprio delle persone ben nate mostrarsi riconoscenti, e l'ingratitudine è aborrita da qualsiasi allineamento non caotico.
Per quanto da me ottenuto, signori, io pretendo che voi vi rechiate al più vicino tempio di Selune e, prostrandovi ai piedi della sua sacerdotessa, le facciate sapere che il suo paladino, quello dalla Trista Figura, vi ha liberati dai vostri vincoli in suo nome.»
Passamonte, che non era esattamente di allineamento Legale, né Buono, sterzò e colpì il centauro con la fiancata dell'auto, facendo ruzzolare più e più volte Don Cyshiter lungo l'asfalto della statale.

<= capitolo precedente   

Nessun commento:

Posta un commento