Capitolo 37

Continua la storia della celebre Principessa Dorotea di Micomicone con altre graziose avventure

Tutti gioivano all'ostello per il ritrovato abbinamento delle coppie, specialmente i gestori del posto che avevano ricevuto un anticipo da parte di Fernando come risarcimento dei danni provocati da Don Cyshiter.
Solo Sergio aveva osservato gli avvenimenti con grande dolore, vedendo schiacciate dalla dura realtà le belle speranze di gratitudine da parte delle elfe di Micomicone, vedendo la Principessa tramutata in una semplice ragazza e il gigante in un figlio di papà lampadato.
Andò quindi a svegliare il suo compagno paladino.
«No, puoi anche continuare a dormire tranquillo, signor Paladino dalla Trista Figura, tanto non c'è altro da fare, la Principessa sta da favola.»
«Lo credo bene, ho dato al gigante una battaglia tanto straordinaria e sanguinosa che potrei non ne vedrò di uguali finché non raggiungerò i livelli epici. *Zan* gli ho troncato di netto la testa e il sangue grondava così copioso che sembrava acqua minerale.»
«Di più,» ribatté Sergio, «come se era vino rosso.
Perché, se non l'avevi capito, il gigante morto erano gli scaffali coi bottiglioni rotti e il sangue che colava era un fior di Barbera.»
«Che diamine vai dicendo, pazzo che sei?» Replicò Don Cyshiter.
«Tirati su dal letto,» riprese Sergio ringalluzzito, «e vedrai che casino che hai piantato, che bei danni ti tocca pagare. E vedrai la tua Principessa trasformata in una tipa che si chiama Dora, con altri casini che ti stupiranno.»
«Il gigante mutato in scaffali di vino?! NO, non può essere!» Per la prima volta, dacché erano partiti in cerca di avventure, Don Cyshiter impallidì per la paura e lo stupore. «Vogliono negarmi i Punti Esperienza!»
«Che cazzo dici?»
Non capisci, Sergio? Già ti dissi che ciò che accade fra queste mura è regolato da incantesimi d'illusione. E ora qualche malvagio stregone ha trasformato all'ultimo momento il gigante per impedirmi di ricevere la valanga di XP che avrei preso uccidendo il mostro da solo.»
Il Paladino impiegò alcuni momenti per ricomporsi. «Ma un vero eroe non si preoccupa di queste cose, sgominerò il male anche se un vampiro mi risucchiasse cinque livelli. Orsù, porgimi i vestiti e lasciami uscire, che voglio vedere io stesso gli avvenimenti e le trasformazioni di cui mi narri.»


Nel frattempo Pietro Pere aveva raccontato ai nuovi arrivati l'artificio usato per ricondurre Don Cyshiter a casa dalla sorella, e aveva succintamente narrato le avventure riferitegli da Sergio.
Il Paladino uscì quindi armato di tutto punto, con in testa l'elmo della luminosità, ancorché scrostato, e con in mano la spada.
Tutti si zittirono, stupiti o intimoriti da quella figura che sembrava uscita da una fumata troppo corposa del narghilè del Brucaliffo.
Egli, da sotto la visiera del casco, fissò gli occhi con gravità sulla bella Dorotea e disse:
«Sono stato informato da questo mio scudiero, vezzosa signora, del fatto che da nobile e fiera principessa che eravate vi siate trasformata in comune squinzia di periferia. Se ciò è avvenuto per ordine del Re mago vostro padre, pensando di non ricevere da me il necessario e dovuto aiuto, dico che egli ha commesso un grave errore. Mi stupisce ch'egli non conosca come dovrebbe le storie cavalleresche; se le avesse studiate come ho fatto io saprebbe che eroi di fama minore della mia hanno sconfitto boss ben più pericolosi. Sappiate che non sono trascorse che poche ore da quando ho decapitato il gigante con un Critico che... Ma sarà meglio tacerne per non essere tacciato d'esser menzognero, il tempo, che tutto rivela, mostrerà cosa sia accaduto.»
Il gestore dell'ostello stava già per tornare a lamentarsi della sua riserva di vino, ma Fernando, che aveva già lasciato un cospicuo acconto per il risarcimento, gli fece cenno di non interrompere lo sproloquio.
«Dico quindi che se per questa cagione vostro padre ha operato una tale metamorfosi, voi non dovete prestarvi fede, non essendoci pericolo al mondo che non si possa debellare con la mia spada.»
La principessa Dorotea rispose con espressione dolce:
«Chiunque vi abbia detto, valoroso Paladino dalla Triste Figura, che io ho perso la mia posizione, si è sbagliato. Io sono la stessa che ero poche ore fa.
C'è sì stato un insperato cambiamento dovuto alla buona sorte, ma non per questo viene meno la fiducia e il bisogno che ho del vostro eroismo.
Mio padre il Re degli Elfi è un uomo saggio, non ve la prendete con lui, anche egli comprenderebbe che senza di voi io non mi sarei trovata qui in questa sera fortunata.
Domattina ci rimetteremo in cammino verso il regno di Micomicone, penso che per stasera abbiamo vissuto già abbastanza avventure.»
Don Cyshiter, livido di collera, si rivolse a Sergio:
«Te lo devo proprio dire, Sergiuzzo caro, che sei il più infido Ladro del Piemonte. Pensi che non avrei potuto scoprire i tuoi inganni castando un incantesimo di verità? Ma perché mai devo io sprecare le mie preghiere con te, mariuolo vagabondo, perché hai voluto farmi credere che la qui presente principessa si fosse cangiata in volgare pulzella, e tutte le altre bestialità che mi hai raccontato?
Ma porco...» e morse il pomello della spada per reprimere l'imprecazione, «ti sbranerei come esempio per tutti i cosiddetti eroi vanno contro il party per il puro gusto di fare casino.»
«Eddai, scialla!»
«Scialla?! Vuoi forse sembrare giovane, usando questo termine che nell'analisi grammaticale è classificabile come "bestemmia imperativa, terza persona singolare"?! E io dovrei calmarmi?»
«Verbo sciallare, participio presente; cioè stai tranquillo.»
Gli astanti stavano per intervenire, temendo che Don Cyshiter aggredisse Sergio in uno scatto di follia, ma il paladino invero si calmò.
«Ora mi accorgo, Sergio, di quanto tu sia ignorante e scimunito, e ti perdono. Non posso prendermela con te, o col sistema scolastico, se la natura ha voluto essere così meschina nei tuoi confronti.»
«Va bene così,» Intervenne Fernando, «non perdiamoci oltre su questa faccenda.
La Principessa desidera partire domani mattina, e verremo tutti con voi per ammirare le gesta di questo nobile paladino.»
«Vi sono grato per la fiducia che riponete nella mia esperienza e non disdegnerò una sì piacevole compagnia, purché non vi mettiate in pericolo durante i combattimenti.»

Don Cyshiter e Fernando presero allora a scambiarsi una serie di complimenti ampollosi, finché vennero interrotti dall'arrivo all'ostello di una coppia particolare: lui alto, magro, basso, coi capelli medi e dei vestiti normali, lei invece era una ragazza che spiccava per bellezza, anche con i capelli coperti e il viso contornato dal velo islamico, aveva pelle dorata e grandi occhi che si guardavano intorno con espressione dolcemente spaesata.
Lui chiese se ci fossero due stanze singole disponibili, ma nell'ostello c'erano solo camerate divise per sessi. La cosa non sembrò turbarlo come invece fu per Fernando, che evidentemente aveva in mente un progetto specifico per lui e Dora, a giudicare dalla sua espressione stupita e contrariata.
Era ora di cena. A dire il vero ho il dubbio di aver già scritto che avevano cenato nei capitoli precedenti, ma è difficile fare una ricostruzione così precisa degli avvenimenti a distanza di tempo.
Fatto sta che la cameriera Maritorna apparecchiò con tovagliette di carta la grande tavolata in sala da pranzo e tutti si sedettero volentieri a tavola.
Dora, in quanto principessa di Micomicone, si sedette accanto al suo difensore Don Cyshiter, vicino a lei Lucia e accanto a questa la nuova arrivata col velo insieme al suo accompagnatore, così che c'erano queste tre pulzelle, una più gnocca dell'altra, tanto che sembrava di stare in una serie TV americana.
La nuova arrivata venne presentata col nome di Zoraida dal suo accompagnatore, non parlando lei Italiano. Tutti erano curiosi di sapere qualcosa di più su quella particolare coppia, ma nessuno osava chiedere, così Don Cyshiter ne approfittò per tenere banco:
«Veramente si vivono esperienze stupende e memorabili nella professione d'avventuriero, se si ha l'abilità di vedere le cose per ciò che sono. Chi direbbe mai, entrando per caso da quella porta, che a questo tavolo siedono una principessa elfica e il famoso Paladino dalla Trista Figura?
C'è chi ravvede nella letteratura la porta preferenziale per espandere la conoscenza e accedere ad altri mondi, o in parole più grette il mezzo migliore per arricchire la propria esperienza attraverso quella degli altri, che hanno voluto inciderla sulla carta.
Ed è davvero straordinario poter conoscere storie e vivere emozioni semplicemente scorrendo gli occhi su dei fogli. E per quanto il mondo all'interno del quale ci si muova sia in definitiva racchiuso all'interno della nostra immaginazione, i percorsi cerebrali che vengono innescati sono autentici. Se il libro letto è di buona qualità permetterà al lettore di affrontare la sua vita reale con maggiori qualità o di osservarla da prospettive diverse.
Tuttavia anche il miglior libro non può che accompagnare il lettore lungo una pista guidata, rendendolo spettatore passivo di eventi immutabili.»
Don Cyshiter continuava il proprio monologo fermandosi solo di rado ad addentare una forchettata di spaghetti, compiaciuto degli sguardi dei suoi commensali.
«Ora, l'umana natura è tale per cui impariamo molto meglio dai nostri stessi errori, piuttosto che dall'esperienza altrui. Lo strumento per eccellenza di preparazione alla vita da avventuriero non può quindi che essere il gioco di ruolo, attraverso il quale non solo impariamo a conoscere i pericoli e le migliori strategie per superarli, ma siamo spronati a trovare noi stessi il nostro proprio sentiero attraverso le avversità, o intorno ad esse, o sopra, o sotto, o in mille altri modi.
È un piacere, desinando in compagnia, narrare le avventure lette sui libri fantasy. Ma non vi è paragone col trasporto che si può toccare con mano ad un tavolo dove dei giocatori di ruolo raccontano le proprie avventure, narrandole in prima persona senza alcun dubbio sul fatto di averle realmente vissute.
Null'altro che una lunga esperienza al tavolo di gioco avrebbe potuto prepararmi alle temibili prove che ho dovuto superare in questi giorni. L'abilità e la fede che libereranno il vostro regno, alta Principessa Dorotea, sono nate dai libri dell'edizione 3.5 di D&D e sono cresciute in lunghe notti di sogni vigili vissute coi miei amici, compresi i qui presenti.»

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