Capitolo 29

Seguita la narrazione e poi si tratta dell'artificio usato per distogliere il nostro paladino dal suo intensissimo allenamento

Fra lacrime singhiozzi la bella affranta consumò i fazzoletti del maestro e del barbiere.
«Dimmi te se non è una vacanza di merda. La gente si lamenta delle cartacce buttate sul lido, ma 'sti stronzi che si siedono al chioschetto nessuno li pulisce.»
Tacque dopo aver detto ciò, col volto acceso da un rossore che palesava la rabbia e la paura che celava nel cuore. Le sue parole produssero in chi l'aveva ascoltata non so se più rammarico o meraviglia; e sebbene Pietro volesse cercare di consolarla e darle consiglio, Giuliano lo prevenne dicendo:
«Tu devi essere Dora e stavi con Ferdinando ####. Lo conosco, mi ha parlato di te.»
Restò meravigliata Dora nel sentire il proprio nome.
«E tu chi cazzo saresti?»
«Sono quell'infelice che fu promesso sposo alla ragazza di Novara, dalla quale secondo le tue parole Fernando si rifugiò "per stare solo". Sono lo sventurato Giuliano, ridotto alla follia da colui che ha spinto anche te ad allontanarti dalla città natia.
Ma le tue parole mi hanno riportato nuova speranza, giacché ora so dal modo in cui ti ha trattata che razza d'uomo egli sia, e so che non può essere sincero il desiderio che lo ha condotto da Lucia. Voglio aiutarti dunque a ritrovare Fernando e obbligarlo a tener fede alle sue promesse nei tuoi confronti.»
Ciò fu una sorpresa per Dora, che non mancò di palesare la propria meraviglia:
«Ma come cazzo parli? Ti sei pippato merda di criceto?»
Giuliano fu scosso da questa risposta colorita, ma Pietro intervenne prontamente, accompagnando un attimo in disparte la balla giovane e parlandole sottovoce.
«Il ragazzo, Giuliano, ha dei problemi psichiatrici. Stiamo cercando di riportare a casa lui e un nostro amico, che è scappato di casa da giorni, ma ci vuole tatto perché col caldo sono proprio partiti di testa.
Non sono pericolosi per gli altri, ma ti prego di assecondarlo almeno un po', temo che potrebbe commettere qualche imprudenza.»
Questo le disse, e le raccontò nel dettaglio la tragica situazione di Donato e il loro piano per riportarlo a casa.
Oh meraviglia della mente umana che pensa l'impensabile!
Non mi è dato sapere cosa sia passato in testa a questa ragazza, ma il dato di fatto è che ha scelto di prendere parte alla messa in scena dei due amici di Don Cyshiter e accompagnarsi a questa strana comitiva.
Così posso narrare l'inverosimile, con la consapevolezza di raccontare la verità, con buona pace dei savi scrittori che vorrebbero che i personaggi facessero scelte coerenti e credibili.


A questo punto il barbiere raccontò ai nuovi arrivati delle stranezze di Don Cyshiter e di come il suo scudiero fosse andato a cercarlo.
Giuliano si ricordò, come in un sogno, della disputa avuta col paladino e la raccontò agli astanti, senza saper loro spiegare quale motivo avesse scatenato la sua pazzia.
Mentre stavano parlando, sentirono la voce di Sergio Zanca, che li chiamava di lontano.
Gli andarono incontro e gli chiesero di Don Cyshiter; Sergio raccontò di averlo trovato spossato, pallido, coperto della sola camicia. Gli aveva detto che Selene gli comandava di andare da lei a Robassomero, ma egli aveva risposto di non poter comparire dinnanzi a lei senza aver prima compiuto prodezze tali che lo rendessero degno della sua grazia. E se avesse fallito in questo intento, non avrebbe mai potuto costituire l'harem per il suo amico, perciò ora Sergio chiedeva ai compagni di trarlo fuori da questa intricata situazione.
Intervenne Dora, dicendo di poter sostenere la parte della damigella in pericolo, e Sergio, che sembrò accorgersi di lei solo allora, vedendola subito si convinse di essere sulla buona strada per radunare il proprio stormo di faggianelle. Chiese allora a Pietro chi fosse quella gran gnocca e cosa ci facesse in quei luoghi.
Il maestro rispose prontamente:
«Lei è Dorotea da Micomicone, giovane di nobili origini che è venuta qui per cercare l'aiuto del nostro amico, Don Cyshiter.»
«Nobile Micomicona, mi prescrivo al vostro cospetto.» Le disse Sergio con un profondo inchino.
Pietro per un attimo pensò che Zanca avesse capito il loro piano e stesse scherzando, ma poi si rese conto il poveretto aveva preso sul serio la questione della nobile in cerca d'aiuto.
Dora usò la trousse, che portava sempre con sé, per farsi un trucco dall'aria esotica, si mise un foulard intorno al capo, e il tutti giudicarono che aveva l'aria di una vera principessa elfica.
Si incamminò quindi dietro la guida di Sergio, che avrebbe condotto lei e  Nicola dal prode paladino, avendo gli altri stimato che la loro presenza sarebbe stata superflua per il momento.
Si inoltrarono nel boschetto per poche centinaia di metri, quando videro fra gli alberi Don Cyshiter, che fortunatamente si era rivestito.
Dora gli si fece subito incontro, seguita dalla sua guardia silvana (che poi era Nicola l'elfo-ninja). Di fronte al paladino, si inginocchiò ai suoi piedi e disse:
«Vi supplico, nobile cavaliere, se siete il famoso Don Cyshiter, concedete il vostro aiuto alla più sconsolata e oltraggiata dama che si sia mai vista, venuta a voi da terre lontane per implorare il vostro intervento.» 
«Sono io che vi supplico di alzarvi, ed allora ascolterò le vostre richieste.» Rispose Don Cyshiter, per nulla sorpreso da quella situazione.
«Non mi alzerò finché non avrete acconsentito a darmi il vostro aiuto.»
«Non posso permettere, mia nobilissima signora, che voi mi parliate così prostrata.»
«Eh beh, ma che cazzo, se andiamo avanti così facciamo notte.»
«Come dite, mia signora?»
«Dico che siamo ad un'impasse e rischiamo di perdere tempo prezioso.»
«Essia, acconsento ad acconsentire alle vostre richieste. Alzatevi dunque, e raccontatemi le vostre pene.»
Si alzò la nobile Micomicona, e quasi con le lacrime agli occhi gli raccontò:
«La mia richiesta è di seguirmi verso la mia terra natia, e vendicarmi di un malvagio traditore che mi ha offeso senza alcun motivo né diritto.»
«Potete liberarvi fin d'ora della vostra tristezza, giacché do la mia parola di seguirvi e non impegnarmi in altra impresa fintanto che questo malvagio non sia annientato.»
La prospettiva di una nuova impresa fece a Don Cyshiter l'effetto di una settimana in una spa: debolezza e colorito cianotico e occhiaie scomparvero in un attimo.
Ordinò a Sergio di preparargli l'armatura e di sellare Sgommodura. Cosa intendesse con "sellare" Sgommodura non mi è dato saperlo, né lo sapeva Sergio, ma entrambi noi siamo usi a passare sopra i dettagli e dar ragione al paladino della Mandria.
Dora e la sua scorta si incamminarono per tornare dove avevano lasciato le vetture. Lungo a strada la mente di Sergio Zanca era tutta in fermento e pensava di essere sull'ottima strada per costituire il suo harem, sperando che nel Paese di Micomicone le ragazze fossero tutte belle come questa. Un po' si preoccupava del fatto che fossero elfe, che di solito sono secche secche e hanno quelle orecchie a punta lo mettevano a disagio; ma infine si disse che la passera è sempre passera, ricordandosi che la miglior tecnica di abbordaggio è non fare distinzioni e provarci con chiunque.
Nel frattempo Pietro Pere, temendo che la vista di Giuliano potesse ricordare a Don Cyshiter della loro zuffa, aveva ceduto allo Stracciato d'infelice aspetto il proprio travestimento, così che adesso sembrava uno Stregone Stracciato di infelice aspetto.
Piero era rimasto così senza travestimento, ma era sicuro che la presenza di Dora rendesse già più che credibile la loro  messinscena.
Accolse dunque l'amico a braccia aperte.
«Ecco il mio carissimo compatriota della Mandria, campione dei paladini di Selune, difesa e rifugio dei bisognosi, la quinta essenza degli avventurieri.»
Don Cyshiter non lo riconobbe immediatamente, ma fu poi felice di rivedere il vecchio compagno di giochi.
«Vedo che sei impegnato in un'importante quest, amico mio. Perché non uniamo le forze per aiutare questa donzella in difficoltà?»
Pietro era abituato al mondo di D&D, dove avventurieri incontratisi casualmente fanno sempre gruppo, si rivelano i più importanti segreti e affidano l'uno la vita agli altri. Così, perché sentono a pelle di potersi fidare.
Don Cyshiter invece sembrava più titubante.
«Carissimo Pietro, sto conducendo una missione assai pericolosa. Ci sono già il mio scudiero ladro Sergio e questo ranger elfico ad accompagnarmi.» Così dicendo si voltò e indicò Nicola, che però si trovava troppo vicino e fu colpito di striscio dalla mano che doveva presentarlo.
«Oh, per gli dei! Non so controllare la mia forza prodigiosa, ho compiuto un crimine!» Don Cyshiter aveva accidentalmente fatto cadere un orecchio posticcio del finto elfo.
Subito Pietro si chinò a raccogliere l'orecchio di plastica e lo mise al suo posto, coprendo il gesto con una mano e mormorando parole incomprensibili.
«Per la grazia di Pelor, questo compagno d'avventura è risanato.» Disse in tono solenne.
«Pietro, amico mio, non sapevo che tu fossi chierico di Pelor.»
«Ebbene sì. Vedi che il potere degli dei è con me? Non preoccuparti per la mia incolumità e permetti che io ti segua insieme al mio amico Giuliano.»
Don Cyshiter fece un inchino di saluto.
«Il mio amico stregone ed io,» proseguì Pietro, «eravamo sulle tracce di due pericolosi malfattori, sfuggiti alle forze dell'ordine
un paio di sere fa, grazie a un misterioso cavaliere oscuro che li ha liberati dalla giusta punizione che li attendeva e ha permesso che tornassero a compiere ogni sorta di nefandezza.» Sergio gli aveva raccontato l'episodio dei manigoldi prigionieri. «Ora però che vediamo questa dama in difficoltà, metteremo per ora da parte la nostra sub-quest.»
«Grazie, buon cavaliere.» Intervenne Dora. «Ho bisogno che mi scortiate a Micomicone.»
«Conosco quel posto, è una località segreta nascosta magicamente all'interno del parco della Mandria. Avviamoci verso Robassomero, da lì saprò trovare la strada.
E chi sa che lungo il cammino non avremo occasione di scoprire chi sia il cavaliere oscuro che sottrae i malvagi alla giustizia.»

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