Capitolo 32

Dove Don Cyshiter torna al Rifugio degli Elfi con i propri seguaci

Per entrare nel regno segreto di Micomicone, era necessario possedere un oggetto magico custodito da un alleato del suo popolo: il re elfico che Don Cyshiter aveva conosciuto al "Rifugio degli Elfi".
Per proteggere il segreto, Dorotea lo rivelò a Don Cyshiter solo a metà strada, così la carovana subì una deviazione dopo la sosta per il rifornimento.
Quando Sergio riconobbe la loro destinazione, avrebbe dato qualsiasi cosa per non dover entrare nell'ostello, avrebbe anche rinunciato alla maionese nei panini e al parmigiano sulla pasta. Ma era ormai troppo tardi per tornare indietro, l'ora di cena era giunta e tutti erano entusiasti di fermarsi in quella bettola.
La nobile Micomicona con la sua guardia del corpo precedettero il gruppo per introdurlo al re di quegli elfi. Nicola dovette scucire non pochi soldi per convincere il re elfico a dimenticare l'episodio di pochi giorni prima e concedere loro l'uso di un dormitorio. La moglie e Maritorna, invece, avevano ormai preso in simpatia la coppia di strani eroi, che aveva dato loro materiale con cui intrattenere la platea della parrucchiera per tutto il tempo di una permanente.
Alla fine, il ritorno di Don Cyshiter fu accolto con entusiasmo, e quei pochi avventori che sembravano disinteressati al paladino, prestavano tutta la propria attenzione a Dora.
Don Cyshiter andò a letto senza nemmeno attendere la cena, stremato dagli allenamenti e dalle privazioni di quella giornata e ancora assai dolorante per i copi ricevuti nei giorni precedenti.
Giuliano si lavò, si rase la barba, ed ebbe degli abiti nuovi, gentilmente forniti dall'ostello dopo una generosa donazione da parte di Pietro. Così ripulito il ragazzo era così diverso da come appariva nei boschi, da non aver più bisogno della barba posticcia per non farsi riconoscere da Don Cyshiter.


Consumarono una pasto semplice e abbondante, poi si fermarono a conversare con personale e clienti della pazzia di Don Cyshiter. L'ostessa raccontò per l'ennesima volta l'episodio del camionista; poi, vedendo che Sergio non si era fermato a tavola, narrò nei particolari la storia dello sbalzamento per aria con la coperta.
Il discorso virò poi sugli effetti devastanti che il gioco di ruolo e la narrativa fantastica possono avere sulla mente umana.
«Io leggo romanzi fantastici da quarant'anni, ma non sono mica scemunito come quei due.» Intervenne l'oste. «Per dire, Tolkien era innanzi tutto uno studioso di lingua e mitologia, col suo lavoro ha praticamente romanzato una ricerca antropologica e filologica.»
Pietro e Giuliano erano d'accordo, mentre la maggior parte della tavolata non aveva capito cosa volesse dire. La figlia del gestore e Maritorna si scambiarono uno sguardo, poi dissero quasi insieme:
«A noi piace il paranormal romance.» Un silenzio gelido cadde sulla platea.
«Tipo Twilight, lo conosci?» Chiese Maritorna a Dora, sperando di suscitare il suo interesse.
«Mah, ho visto i primi due film, non erano male. Non leggo molto a dire il vero, a me piace il cinema.» Disse Dora. «Anche quello d'autore.» Aggiunse poi, come se dovesse giustificarsi.
«Anche io preferivo la TV, ma poi mi sono appassionata alla lettura proprio con Twilight. I libri sono molto meglio, ti fanno sentire come tipo le emozioni dei protagonisti, inoltre sono proprio scritti bene.»
«E no!» Sbottò Pietro. «Mi si può dire che ha aperto le porte ad un filone commerciale -e sottolineo commerciale, non letterario-; posso anche capire che a chi non è abituato a leggere sia piaciuto, dei gusti non si discute; ma non venitemi a dire che sia scritto oggettivamente bene.» Parlando era diventato rosso in viso e aveva iniziato a gesticolare come se gli avessero insultato la madre.
«Al di là della costruzione dei periodi, su cui non mi soffermo dal momento che non l'ho letto in lingua, ma -porco il Giuda- l'ambientazione fa pena: praticamente è la copia squilibrata delle Cronache dei Vampiri di Anna Rice. Cioè, sbaglia completamente le basi delle leggi di Sanderson: i limiti devono essere maggiori dei poteri.»
«Pietro, calma, stai parlando come Donato.»
«No, dai, sono serio. Da che notte è notte i vampiri hanno grandi poteri e temono la luce del sole. Ma perché li distrugge, li riduce proprio in cenere, non perché li fa sberluccicare in modo sensuale.
Sembra che il più grosso limite di quei vampiri sia che rischiano di spaccare tutto se si arrapano, per la serie "oh che dramma essere così power!". Ma dico sembra perché se ci pensi un attimo il vero dramma è un altro.
Edward c'ha, quanti, cento anni? E va ancora al liceo!!!
È un ritardato a livelli apocalittici, ha dato una nuova definizione al concetto di pluriripetente.»
«Non è ritardato, nei libri lo spiega che...» Ma la ragazza non fece in tempo a finire la frase, Pietro era infervorato, forse per il troppo vino.
«Voi dovreste leggere i romanzi di Vampiri la Masquerade, non saranno dei capolavori letterari ma l'ambientazione è stupenda.»
«Io ho giocato un po' a Vampiri.» A quelle parole della figlia dell'oste, finalmente Pietro si zittì.
«Me l'ha fatto provare una mia amica col suo ragazzo. Abbiamo giocato parecchie settimane, poi con gli orari dell'ostello è diventato troppo pesante.
Però mi sono davvero appassionata, la mia amica ha scritto un racconto della nostra avventura, una specie di fan-fiction.»
«Davvero?» Pietro era genuinamente interessato, e comunque anche gli altri erano troppo alticci per capire che stavano per incamminarsi in un sentiero minato.

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