Capitolo 15

Dove si narra la disgraziata avventura di Don Cyshiter con certi terribili Ianguesi

Mi è stato raccontato dai più stretti amici di Don Cyshiter che egli, allontanatosi dalla commemorazione di Giovanni Berchetto, si inoltrò fra le valli di Lanzo in cerca della bella Marcella per porsi al suo servizio.
È interessante notare come questa ragazza, che in così tanti uomini faceva nascere fantasie carnali, in Don Cyshiter facesse invece ardere il desiderio di avventura.
Dopo due ore di infruttuosa ricerca fra i boschi montani, il paladino e il suo scudiero fermarono le moto in un piccolo slargo sterrato ai bordi di un tornante. Smontarono di sella e si inoltrarono fra gli alberi, avendo intravisto fra gli alberi un ameno praticello dove avrebbero potuto consumare il pranzo.
Lì vuotarono le bisacce e in fraterna compagnia diedero fondo a quel poco che vi rimaneva.
Ma l'avversa fortuna, o più probabilmente Shar la Signora della Notte che mai dorme, volle che corresse per quella strada una macchina occupata da una combriccola di giovani festanti, già alticci prima di arrivare alla festa cui intendevano partecipare.
Avvenne dunque che il guidatore, imboccato il tornante con troppa velocità e traiettoria troppo larga, urtasse violentemente Sgommodura sbattendola in terra, per poi fermarsi contro il guard rail.
Imprecando e bestemmiando, scesero dall'automobile cinque ragazzi e cominciarono a prendere a calci la motocicletta, imputando a quella la colpa per i danni subiti dalla loro vettura.
Allertati da quegli schiamazzi, Don e Sergio si avvicinarono alla carreggiata avendo cura di rimanere nascosti fra le frasche.
«Questi inimici che se la prendono così con la mia cavalcatura, sono per noi un infimo grado di sfida.» Sussurrò Don Cyshiter. «Ti dico questo perché tu sappia che puoi partecipare allo scontro anche senza un'arma a distanza, assicurandoti così almeno qualche Punto Esperienza.»
«Loro sono cinque, noi siamo in due, anzi facciamo uno e mezzo. Penso che l'esperienza sarà pessima.»
«Io ne valgo cento!» Esclamò il paladino. E senza dire altro sfoderò la spada e si lanciò all'attacco.
Sfruttando il fattore sorpresa, Don Cyshiter colpì uno dei nemici alla spalla procurandogli un taglio e una brutta contusione. Sergio si fece trascinare dagli eventi e lo seguì stringendo in mano il bastone che avrebbe dovuto essere la lancia da cavallerie del suo compagno.
Quei cinque, vedendosi così aggrediti, passarono velocemente al contrattacco. Circondati i due avventurieri iniziarono a tempestarli di pugni e calci.
Senza aver sferrato un solo colpo, Sergio ricevette un pugno sulla mascella, una ginocchiata in pancia e due o tre gomitate sulla schiena, dopodiché rovinò a terra.
Don Cyshiter lo seguì a breve giro, dopo aver ripetutamente colpito con i propri zigomi le nocche degli avversari. I ragazzi ebbero cura di adagiarli bene in terra, come si fa con la punta dello stivale contro un fermaporta quando lo si vuol incastrare al suo posto, prima di rimontare in macchina e ripartire.

Il primo a riprendersi fu Sergio, che chiamò con voce tremante e lamentosa:
«Donato! Ahi, Don Cyshiter!»
«Che vuoi tu, Sergio, fratello mio?» Rispondeva l'altro con voce parimenti dolorante.
«Mi piacerebbe davvero tanto un sorso di quella porzione di cura di cui abbiamo parlato ieri.»
«Pozione, non porzione. Se l'avessi potremmo tornare a impugnare le armi in un attimo.»
«E quando pensi invece che potremmo anche solo rimetterci in piedi?»
«Non saprei esattamente, ma con otto ore di riposo naturale dovremmo recuperare qualche Punto Ferita.
Posso anche lenirti alcune lesioni con l'imposizione delle mani.»

«No grazie, preferisco che teniamo le mani a posto.»
«Capisco che tu diffidi delle mie abilità dopo la pessima prova che ho dato come stratega.
Ho sottovalutato il nemico e sono caduto vittima di un banale incantesimo di illusione, così ho lasciato che anche tu ti lanciassi in una carica frontale.
Mi sono comportato come un novellino!
Quelli non erano comuni bifolchi, erano Yuan-ti camuffati. Non avrei dovuto lasciare che le mie precedenti vittorie mi rendessero imprudente.
La tattica era elementare: prima un semplice incantesimo di Visione del vero ci avrebbe mostrato la reale natura degli Yuan-ti. Individuato il caster tu avresti dovuto avvicinarti a lui e colpirlo alle spalle. A quel punto avresti potuto avere la meglio su di lui mentre gli altri quattro, privi del supporto della magia, non avrebbero potuto tenermi testa.»
«Mi sono perso quando hai detto che quei tipi erano Ianguesi.»
«Ho detto Yuan-ti, non Ianguesi. Ianguesi non significa nulla.
Quello che importa del discorso è ribadire che il tuo compito in battaglia è colpire alle spalle maghi, curatori e arcieri.»
«Dopo questa esperienza ho capito di voler essere pacifista.
Tu puoi fare quel che vuoi ma io dico fin da ora che sono disposto ad ignorare qualsiasi insulto o lasciare i soldi che tanto non ho, pur di evitare grane simili. Ho una madre anziana a cui badare, non posso lasciarla sola.
Sicuro quindi che da ora in poi non alzerò le mani a nessuno: donne, bambini, criminali, Ianguesi, sarò un esempio d'amore per tutti.»
«Oh, quanto vorrei poter parlare senza che mi facessero male le costole per farti capire il tuo errore.
Senti un po', sempliciotto: puoi anche sperare di passare di Livello contando sui Punti Esperienza per la storia o per l'interpretazione. Ma quando avremo conquistato il favore delle donzelle che agoni, allora come speri di mantenerle fedeli a te se non sarai disposto a proteggere il loro onore?»
«Hai sicuramente ragione tu che sai come va il mondo, ma in questo momento ho più bisogno di un'aspirina che di ragionamenti.
Se riesci a rialzarti tiriamo su Sgommodura, anche se non se lo merita che quel che è successo è colpa sua.»
«Mi sorprende che la mia cavalcatura ci abbia indotto in questa trappola. In quanto destriero di un paladino dovrebbe essere dotata di eccezionale intelligenza. Sciocco io che ho scelto il mezzo prima di raggiungere il quinto livello, quando avrei avuto diritto ad un destriero speciale; ma oramai sono affezionato a questa sciagurata e non intendo abbandonarla.»
Ancora sdraiati ai margini del bosco, non avevano nemmeno la forza di mettersi a sedere e Sergio Zanca continuava a lagnarsi.
«Sappi, amico Sergio, che la vita degli eroi è sempre soggetta a mille pericoli e infortuni. Ma dà anche l'opportunità di arricchirsi, conquistare il cuore di belle dame e financo il trono di un regno.
Ricorda l'esempio di Conan il conquistatore, di Classe barbaro, che guadagnò un impero intero con le proprie gesta. Su di lui sono stati scritti libri, fumetti, girati tre film e gli sono stati addirittura dedicati dei giochi di ruolo.
Ti racconto questo perché tu non ti lasci scoraggiare da questa scaramuccia. Non ti affliggere ma tenta di vincere la sventura, che io pure farò lo stesso.
Vediamo intanto come sta Sgommodura, che ha subito non meno danni di noi.»
Prorompendo in trenta "ahi!", sessanta sospiri e cento invettive contro chi lo aveva condotto in quella situazione, Sergio iniziò a rialzarsi. Rimase però bloccato a metà dell'impresa, piegato in due e strillante come un'attrice porno nell'esercizio della sua arte.
Nonostante i lamenti e i dolori fu lui a raccogliere le bisacce, a rimettere sul cavalletto Sgommodura e infine ad aiutare Don Cyshiter a salire sul mezzo.

Finalmente, a passo d'uomo, si avviarono per la strada che conduceva alla valle di Viù.
La sorte, che andava guidando di bene in meglio il loro viaggio, li fece giungere dopo pochi chilometri ad un ostello che, per lo sgomento di Sergio e per la soddisfazione di Don Cyshiter, aveva nome "Rifugio degli Elfi".

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