Capitolo 16

Di quello che accadde a Don Cyshiter nell'ostello che egli si ostinava a ritenere un palazzo elfico

L'ostello aveva l'aspetto severo di una piccola caserma, mitigato dall'amenità delle montagne verdeggianti che lo circondavano.
Era gestito da una coppia con la figlia e una dipendente. Di questi la padrona di casa era quella d'indole più caritatevole e pietosa, così quando vide la coppia arrivare così male in arnese si applicò subito per prestare loro conforto con ghiaccio, e crema per le contusioni, e volle che l'aiutasse anche la figlia, giovane libera e di buona grazia.
La dipendente invece era una ragazza dalla testa stranamente cubica, il naso storto, occhi cisposi, culo piatto e gambe storte; ma la sua esuberanza e allegrezza controbilanciavano questi piccoli difetti. Anch'ella assisté alle medicazioni e condusse i due avventori in una camerata.
L'ostello aveva due dormitori maschili e uno femminile, con tre letti a castello in ciascuno. Era uno degli ultimi residui del tempo in cui viaggiatori e turisti si accontentavano di sistemazioni spartane. Ora quei tempi sono passati e ogni bettola deve presentare fotografie edulcorare e recensioni online per essere scelta, prova ne sia che oggi, a distanza di pochi anni, il "Rifugio degli elfi" ha chiuso i battenti.
Per comodità gestionale o forse per dare l'impressione di maggiore affluenza, il gestore aveva concentrato tutti gli avventori in un solo dormitorio. Don Cyshiter venne fatto accomodare su un materasso bitorzoluto«C'era dalla ghiaia in terra e il mio amico è caduto lungo un tornante.»
«Ma starà bene? Dobbiamo chiamare un'ambulanza?»
«No, non è niente di grave. Ma se aveste un'aspirina anche per me mi farebbe bene, ho certi dolori alla schiena...»
«Sei caduto anche tu?» Chiese la padrona.
«No, è solo che a tirar su la moto caduta devo essermi fatto uno strappo.»
«Ma perché gira con la spada e un bastone? Poteva piantarsela in una gamba se cadeva male.» La signora si faceva più sospettosa.
«Lui è Don Cyshiter della Mandria, un famoso paladino di Selune.»
«E cosa sarebbe, uno spettacolo di teatro?»
«Non sa cos'è un paladino? In due parole, un paladino è uno che è sfigato e famoso allo stesso tempo: un giorno prende un sacco di botte e insulti da chiunque e pochi giorni dopo si può ritrovare con un harem intero di ragazze che gli fanno il filo, da regalare agli amici.»
Don Cyshiter, che aveva sentito tutto il discorso, si sollevò a sedere sul letto e prese la mano della donna.
«Credetemi, mia signora, potete dirvi ben fortunata ad alloggiare la mia persona, di cui non tesso le lodi per modestia ma sulla quale può rendervi edotta il mio scudiero.
Fra gli umani il mio nome è sempre associato a gesta di coraggio e altruismo. Se la vostra antica stirpe ancora non conosce l'ordine dei paladini, presto grazie alle mie azioni ci annovererà fra i più valenti alleati. E fino a quel momento non lontano, che vi rassicuri il sacro nome della dea cui voto la mia spada.»
La donna e le due ragazze capirono di quel discorso più o meno lo stesso che capivano dei discorsi dei turisti Svedesi che occasionalmente soggiornavano lì. Tuttavia intuirono che si trattava di parole cortesi e dotte e lo guardarono con una certa caritatevole ammirazione.
Tanto si prodigarono che, dopo averli fatti riposare tutto il pomeriggio, offrirono la cena a quei due disgraziati che non se la sentivano di andare in cerca di un posto dove mangiare. Così trascorse il resto della giornata.

Don Cyshiter e Sergio Zanca erano stati accomodati in due letti bassi, l'uno di fronte all'altro, mentre nella branda sopra il paladino avrebbe dormito un camionista.
Questi si era accordato con l'inserviente dell'ostello per farsi compagnia quella notte e l'arrivo dei due malandati viaggiatori non avrebbe fatto desistere la giovane da questa promessa, poiché era piuttosto conosciuta per non essersi mai sottratta a questo tipo di impegni.
Indagando per ricostruire il più fedelmente possibile le epiche gesta di Don Cyshiter, ho avuto occasione di intervistare questa ragazza; è grazie al suo resoconto che ho conosciuto buona parte dell'avventura che mi accingo a narrarvi. Mi ha però chiesto di mantenere il suo anonimato, pertanto la chiamerò col primo nome che mi viene in mente: Maritorna.
Quella notte regnava un profondo silenzio in tutto l'ostello ma il paladino stentava a prendere sonno per via dei dolori che lo tormentavano. Ebbene quando Maritorna entrò di soppiatto nel dormitorio Don Cyshiter la udì e, messosi seduto sul letto, allungò le mani verso di lei, convinto che si trattasse della figlia del re degli elfi, segretamente innamorata di lui.
La giovane gli passò accanto per arrivare alla scaletta, ma prima che potesse salire al letto del suo uomo, Don Cyshiter le afferrò un polso nel buio e la trasse vicino a sé.
Convinto di avere accanto a sé una principessa elfica, le disse con voce bassa e armoniosa:
«Oh quanto bramerei, mia sublime signora, di poter onorare il privilegio di cui mi onorate! Ma la sorte avversa mi ha ridotto a sì pochi Punti Ferita che stento a muovermi e, cosa di molto maggior importanza, la mia dedizione alla causa del bene mi impedisce di andare contro la volontà di vostro padre, poiché metterei a repentaglio l'alleanza fra le nostre Razze.»
Maritorna si era spaventata a sentirsi inaspettatamente afferrare nel buio e, senza parlare né ascoltare, cercava di divincolarsi.
Frattanto il camionista, che era vigile e in attesa, si era sporto dal letto a castello per sentire dove andassero a parare quei sussurri. Vista la situazione, mosso più da gelosia che dal desiderio di proteggere la ragazza, scese dalla scaletta e diede un pestone in faccia a Don Cyshiter, abbastanza forte da sbatterlo sanguinante contro il cuscino. Maritorna venne trascinata sul materasso e prese a dimenarsi, il camionista, non contento, si aggrappò al letto di sopra e prese a saltare più volte sulle costole del paladino. Quando la ragazza si alzò di scatto, la struttura si inclinò e crollò in terra, facendo un tale fracasso da svegliare l'albergatore. Questi immaginò subito che Maritorna avesse combinato qualche casino e si avviò nel dormitorio. Lì scrutò la camera con una torcia, come da abitudine per non disturbare i clienti, per vedere cosa fosse successo.
«Dove sei sciagurata? Che hai combinato 'sta volta?»
Ella cercò di nascondersi nel letto di Sergio, che il trambusto aveva da poco trascinato fuori da un sogno di gnomi e orchi, e che pensò fosse uno di quei mostri ad essersi infilato sotto le sue coperte. Cominciò ad agitare i pugni in preda al panico, Maritorna a quel punto prese ad urlare e restituire colpi alla cieca.
Allora il padrone dell'ostello li illuminò con la torcia e si diresse da loro per trascinare via quella disgraziata. Il camionista, emerso dal crollo del letto, si buttò invece su Sergio per sfogarsi su qualcuno con la scusa di difendere la sua bella.
E venne l'oste che afferrò l'inserviente, che menò Sergio Zanca, che le prese dal camionista... che al mercato mio padre comprò.
Nel mezzo della zuffa la torcia mandava un fascio di luce che si agitava da una parte all'altra come un faro e nessuno capiva più con chi se la stesse prendendo.
Fu la moglie dell'albergatore a riportare l'ordine, cosa che mi fa pensare che dovrei più propriamente chiamare lei l'albergatrice e l'uomo il marito dell'albergatrice.
Comunque sia, entrò nella camerata, accese la luce e, chi con parole severe chi con tono gentile, convinse tutti a risistemare il letto e a tornare ciascuno sotto le proprie coperte.
Dopo un certo tempo, anche Don Cyshiter e Sergio cedettero al sonno, più pesti e doloranti di quando si erano coricati la prima volta.

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