Capitolo 8

Del fortunato compimento che diede il valoroso Don Cyshiter alla spaventevole e non mai immaginata avventura dei cartelloni pubblicitari, con altri successi degni di gloriosa memoria

Erano partiti alla ventura da non moltissimo, quand'ecco comparire al lato strada una serie di cartelloni pubblicitari.
Ora sarà facile intuire l'evolvere di questa avventura e dare del visionario a Don Cyshiter che vedeva mostri e giganti dove gli altri vedono semplici cartelli.
Mi si permetta però di ragionare di fronte a questo schermo. Vediamo noi forse nuda e cruda la ridicola verità di quelle immagini?
Gambe lunghissime e già liscissime su cui una modella poggia con delicatezza un depilatore.
Don Cyshiter vedeva le teste di un'idra ma molte signore e signorine vedono la promessa di gambe lunghissime e snelle.
Un attore fighissimo e ricchissimo in posa, perfettamente pulito dopo aver scavato una buca nella terra polverosa del deserto.
Don Cyshiter vedeva un elfo oscuro, troppi di noi vedono la speranza di diventare fighissimi e ricchissimi semplicemente spruzzandosi il profumo ritratto nell'immagine.
Chi come me detesta i profumi avrà gioco facile a tirarsi fuori da questo esempio qualunquistico e ritenersi sano e retto. È però mia opinione che siamo tutti soggetti a queste illusioni, in un modo o nell'altro. Ad esempio io non ho resistito vedendo il simbolo dello S.H.I.E.L.D. disegnato su una borsa a tracolla e l'ho comprata nutrendo, in un angolino della mia coscienza, l'idea che mi avrebbe reso un po' un agente segreto.
Don Cyshiter semplicemente estremizzava tutto e forse trovava, all'altro capo dell'uroboro della sanità mentale, la vera rettitudine.
Ad ogni modo, tralasciamo queste degressioni e torniamo ai fatti.

L'eroe accostò e, indicando i cartelli, disse:
«Vedi, amico Sergio, quei giganti che si parano dinnanzi a noi? Io mi confronterò con essi, e uccidendoli mi arricchirò colle loro spoglie; perciocché questa è guerra onorata, ed è un servire
Selune il togliere dalla faccia della terra sì trista semente.»
«Dove, dove?» Faceva l'altro.
«Quelli che vedi laggiù con i jeans a vita bassa e gli addominali scolpiti; e quell'altre con quelle mammelle smisurate e gli occhi sornioni.»
«Guarda che quelli sono cartelloni pubblicitari.»
«Ben si vede che non sei pratico di avventure. Quelli sono giganti delle colline, e se li temi fatti in disparte mentre io mi scaglio in fiera e diseguale tenzone.
Non fuggite, codarde e vili creature,» gridava abbassando la visiera senza ascoltare il compagno, «che uno solo è il cavaliere che viene con voi a battaglia!»
Detto questo, diede gas a Sgommodura e si lanciò contro i nemici con la lama levata di mancina e scudo legato all'avambraccio .
La spada cozzò contro un sostegno di metallo, Don Cyshiter perse la presa, si voltò indietro per guardare la propria arma che volava via e la moto deviò verso il margine della carreggiata. Saltando un piccolo marciapiede, moto e conduttore vennero sbalzati fuori strada e rotolarono per un buon tratto di campo coltivato.
S'affrettò Sergio Zanca a soccorrerlo e lo trovò a terra, supino ed ansimante.
«Te l'avevo detto che erano dei cartelli. Cos'hai nel cervello, i mulini a vento?!»
«Stai calmo, che questo tipo di combattimenti sono soggetti a continui a cambiamenti.
Possiamo trovare una spiegazione razionale: il mago Voldemort, che già ha depredato i miei libri, deve aver trasformato quei giganti in cartelli di futile propaganda, per privarmi dei Punti Esperienza.
Tanto mi odia e teme che io salga di Livello!
Altrimenti non si spiegherebbe la vertiginosa altezza a cui sono stato scagliato.»
Sergio Zanca, che non aveva mai capito la questione dei Livelli a causa delle difficili operazioni matematiche che richiedono, lo lasciò parlare e lo aiutò a rimettersi in sella.


Si incamminarono quindi verso Borgo Revel, dove secondo Don Cyshiter si trovava il covo di alcuni terribili Beholders.
Procedevano lenti l'uno affianco all'altro, con le visiere alzate, cosicché il paladino poteva convincersi che l'altro lo stesse ad ascoltare mentre parlava.
«Forse il fallo dell'utilizzare il mio Talendo di "combattere in sella" sta nel fatto che non adopero un'arma idonea.
Nella sanguinosa battaglia al cancello orientale di Moria, il nano Thorin, allorché vide infranto il proprio scudo, usò l'ascia per tagliare un ramo di quercia che adoperò come protezione e arma, guadagnandosi l'epiteto di Scudodiquercia.
Ti racconto questo, Sergio, per dirti che dalla prima quercia in cui io mi imbatta intendo trarne una lancia da cavalleria, e con essa renderti testimonio di tali prodezze che non verrai creduto quando le racconterai.»
«Che non verrò creduto, è sicuro.
Intanto però raddrizzati che stai andando storto.»
«Se vado storto, Sergio, è per via del dolore al costato che mi preclude la fiera posizione cui sono uso. E se non mi lamento, è perché si disdice ad un paladino di Selune lagnarsi delle ferite di guerra.»
«Fa' un po' come vuoi, ma con la botta che hai preso se ti lagni non ci vedo niente di male.
Per me, sappi che se cado di moto ti tiro dei Porco che mi sente anche mia madre a Robassomero.»

Fecero sosta in mezzo agli alberi, da uno dei quali Don Cyshiter staccò un ramo che gli poteva in qualche modo servire di lancia. Nel frattempo Sergio aveva tirato fuori dallo zaino un pranzo al sacco a base di enormi panini con filetti di pollo, amorevolmente preparati dalla signora Zanca.
Mente uno pasteggiava, l'altro appuntiva la propria arma, ne sfoltiva le fronde superflue  e intanto teneva una lectio magistralis di tattica.
«Per quanto tu mi vegga in pericolo non ti schierare in prima linea al mio fianco, che il ruolo di tank è appannaggio di chi indossa armatura pesante ed è dotato di più Punti Ferita.»
«Manco fossi scemo, se vedo un vero pericolo col cavolo che ci vado contro.»
«Bravo. Ricorda che la tua arma migliore risiede nell'attacco furtivo. Colpendo non visto alle spalle potrai godere di un moltiplicatore del danno che, se ora non ti sembrerà enorme, andrà crescendo con il tuo Livello.»
«Shì, shì.» Rispose lo scudiero sputacchiando maionese.
«Dovresti poi dotarti di un'arma a distanza, con la quale darmi supporto nel caso in cui lo scontro si protraesse.»
«Io sono un tipo pacifico, preferisco lasciare a te gli scontri. Ma se proprio ci fosse bisogno, da ragazzino ero un cecchino con la fionda.»
«Bene, cerca dunque di procurartene una e specializzati nel suo uso.»
«Shì, shicuro.»

Ripresero placidamente la strada per Borgo Revel finché scorsero, fermi in una piazzola di sosta, due ciclisti che chiedevano o davano indicazioni ad una coppia in auto.
«O mi inganno, o questa deve essere la miglior avventura in cui ci siamo fin'ora imbattuti.» Fece subito Don Cyshiter. «Quei loschi figuri devono essere servi di qualche oscuro signore e devono aver rapito la principessa che viaggia in quella carrozza.»
«Questa è ben peggio dei cartelloni pubblicitari. Guarda che quelli sono ciclisti che devono essersi fermati per dare indicazioni al tipo in macchina, che c'ha la targa con SP e magari si è perso.»
«Si è già visto che non t'intendi di avventure, quello che dico è vero. Io non mi lascio abbagliare da un semplice incantesimo di illusione e ora lo smaschererò.»
Si mise nel mezzo dello slargo e apostrofò i ciclisti puntando loro contro la nuova arma.
«Lacché diabolichi, lasciate andar libera sull'istante l'alta principessa che menate a forza in quel cocchio, altrimenti preparatevi a ricevere subita morte per giusto castigo delle vostre opere malvagie.»
Colti dal più grande stupore, sia per la figura del paladino sia per quello che diceva, risposero:
«Guardi che stavamo solo dando indicazioni.»
«A me non la darete a intendere con le vostre melliflue parole!»
E senza attendere risposta accelerò a lancia bassa, tanto che se il ciclista che aveva puntato non si fosse buttanto in terra lo avrebbe colpito a morte o comunque assai gravemente.
L'altro ciclista si allontanò pedalando velocemente e Sergio, vedendo quello a terra smontò velocemente dal motorino e si chinò sul ferito cercandogli nelle tasche il portafoglio.
Questi però, riavutosi dallo spavento iniziale, si tirò in piedi e si rivoltò contro lo sciacallo.
Sergio, venuta meno la protezione del suo amico che stava frattanto parlando con gli occupanti della macchina, si vide tempestare di tante botte da perdere la barba a suon di ceffoni.
«Mi aveva detto che potevamo prendere il loot, si fa sempre così.» Ma le sue proteste non lo salvarono dai pestoni nel costato dati con la suola metallica delle scarpette da ciclismo.
Non si osò però l'atleta ritentare la sorte contro l'assalitore armato e corazzato; vedendosi lasciato stare risaltò in sella e corse via verso dove era scappato il suo amico.

Quì si interrompe la prima testimonianza che avevo potuto trovare di questa vicenda, basata sulla denuncia sporta dai due ciclisti. Se qualche lettore è stato affascinato dalla storia come sono stato io capirà la mia delusione nel non conoscerne la fine.
Ma con attente ricerche sono riuscito in seguito a scoprire l'esito dell'avventura, nel modo che narrerò nel prossimo capitolo.

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