Capitolo 28

Raccontasi la nuova avventura successa all'insegnante e al barbiere

Spesso ripenso con nostalgia agli anni '80 e '90, come anni di emozioni e avventure. Quando i miei amici ed io eravamo convinti di essere Cavalieri dello Zodiaco e organizzavamo tornei di lotta clandestina nei garage sotterranei, quando non esisteva Wikipedia e andavamo in biblioteca a fare ricerche per una nuova campagna di qualche GdR autoprodotto, quando non c'era Whatsapp e se un amico mancava al solito ritrovo lo si andava a cercare a casa.
Tutto era più epico: le VHS avevano una definizione migliore dei Blu-ray, i prototipi di telefoni portatili potevano essere usati come armi da lancio senza subire danni, il potere di acquisto della Lira era tale da permettere, inserendo le monete in grosse apparecchiature, di telefonare o smanettare alcuni minuti davanti ad un videogioco.
Il mondo era più epico, o eravamo noi ad esserlo?
Immagino che, nella sua fantasia delirante, Don Cyshiter abbia rivissuto quella stessa epicità, e forse ancora di più, anche nel secondo decennio del ventunesimo secolo.
Ma Don Cyshiter, mi si obbietterà, era pazzo. Ebbene, ho il piacere di raccontare la non meno epica avventura accorsa a Pietro e Nicola, due persone clinicamente sane e legalmente non interdette.


A sostegno della rispettabilità di Pietro Pere, ricordo che egli stava cercando le parole con cui consolare lo Stracciato d'infelice aspetto, quando fu distratto da una voce.
«Porca troia, che stanchezza; e dopo 'sta giornata dimmerda, continua a fare un caldo da graticola.»
Non avrebbero prestato ulteriore attenzione a quelle parole se non fosse per il fatto che, voltandosi d'istinto in quella direzione, videro una ragazza di incantevole bellezza.
Pelle d'alabastro, capelli d'oro e natiche di marmo. Le natiche erano due, notarono i tre giovani quando la ragazza si fu chinata per refrigerarsi ad una fontanella. Perché una chiappa da sola non avrebbe significato niente, mentre due chiappe insieme facevano un culo. E che culo.

«Non può essere Lucia, ma forse stravedo, perché fin'ora un didietro così rotondo l'avevo visto solo alla mia amata.» Disse Giuliano, come fosse dimentico del dolore pianto fino ad un attimo prima.
La ragazza si portò una mano dietro la testa per raccogliere i capelli, e nel farlo portò avanti un seno che, se il sedere era parso di marmo, questo sembrava di granito.
Improvvisamente si accorse dei tre strani figuri, vestiti come squilibrati, che le si avvicinavano lentamente, fissandola con gli occhi fuori dalle orbite. Fece due passi indietro e un attimo dopo si voltò, quasi correndo in direzione della macchina con cui era arrivata fin lì, ma dopo pochi passi inciampò e cadde.
«Signorina, signorina, si è fatta male?» Le chiese per primo Pietro, andandole incontro.
«Aaaaah! Lasciami stare!» La fanciulla reagì frapponendo un braccio fra sé e lo sconosciuto vestito con tunica e barba finta.
«No, signorina, guardi, non vogliamo farle alcun male.» Si affrettò a dire scostando il travestimento dal volto. «Si calmi, se ha bisogno di qualcosa vogliamo solo aiutarla, si vede che é in difficoltà.»
Rasserenata da quel gesto, o forse resasi istintivamente conto di quanto fossero meschini e innocui per lei quei tre figuri, la ragazza si abbandonò al pianto, e tra un singhiozzo e l'altro mormorava con candida voce:
«Ma puttana la miseria fottuta, ma che cazzo di giornata della minchia.»
«Ti capisco.» Ribatté Pietro. «Noi fino a qualche ora fa stavamo mangiando tranquilli vicino a Torino, poi abbiamo scoperto che un nostro amico stava male e abbiamo dovuto vestirci così e correre fin qua per dargli una mano, e non siamo ancora nemmeno riusciti a trovarlo.»
«Anch'io sono di Torino.» Bofonchiò accettando il fazzoletto di Pietro, che la accompagnò su un muricchiolo, mentre Nicola e Giuliano osservavano a distanza.
«E cosa ci fai qui? Che ti è successo?»
«Volevo fare un giro al lago, per riprendermi da una brutta esperienza, e invece qui è andata anche peggio.»
I tre annuivano, porgevano fazzoletti puliti e con lo sguardo la incoraggiavano a proseguire.
«Stavo con un tizio, si usciva insieme e abbiamo anche fatto delle vacanze insieme, cioè stavamo proprio insieme, no?
E allora l'ho taggato su Facebook come il mio ragazzo, cioè, gli ho mandato la cosa che ero impegnata in una relazione con lui. Manco che ho messo fidanzata ufficialmente, ho solo scelto "impegnata in una relazione". Quello però non dava mai la conferma, così non compariva su Facebook.
Allora gli ho chiesto che cazzo c'aveva, perché non dava la conferma, e lui ha iniziato con le solite puttanate che mi vuole bene, però non si sente pronto a legarsi... 'sto cazzo. Il porco però si sentiva prontissimo quando si trattava di infilarsi sotto le coperte, ma invece ufficializzare una relazione no.
In realtà è che il padre c'ha una grossa ditta a Torino e lui vuole fare carriera, e coi suoi amici ricchi non vuole far vedere che frequenta una che fa la cameriera in zona Mirafiori.»
A queste parole Giuliano si fece ancor più attento.
«Allora sai che gli ho detto? Gli ho detto "Vaffanculo, se ti vergogni di stare con me non te la do più!"
E lui sai che ha detto? Ha detto che voleva prendersi una pausa di riflessione, che aveva bisogno di stare da solo.»
E con un lungo gemito soffiò tutto il proprio dispiacere nel fazzoletto.
«Io non ci volevo credere che fosse un porco e un bastardo, ma prima o poi tutti i porci vengono al pettine. E infatti qualche giorno fa, Fernando ha pubblicato su Facebook un selfie con una tipa di Novara.»
Non ebbe finito la frase che Giuliano cambiò di colore in viso e cominciò a sudare in modo così evidente che Nicola temette che avrebbe dato di matto. Alla fine però non fece altro che continuare a fissare la ragazza, credendo di conoscere chi ella fosse, e la lasciò proseguire senza che lei se ne avvedesse.
«Gli scrivo "Sei andato fino a Novara per riflettere? Ma lei lo sa che senti il bisogno di stare da solo, STRONZO?!"
E lui... e lui mi ha tolto l'amicizia su Facebook!»
«È una cosa terribile, mi spiace davvero, ci credo che sei scossa.» La rassicurò Pietro con una pacca sulla spalla.
«Ma non dire cazzate,» singhiozzò lei, «chi cazzo se ne frega di quel coglione, è solo che ci sono rimasta un po' male.»
«Ma allora che cosa...»
«Perché voi maschi siete tutti dei porci.
Oggi mi sono detta: mi regalo una bella vacanza sul lago d'Orta, così mi rilasso e magari lì conosco qualcuno più bello e ricco di lui.
Sono stata al lido, mi sono divertita, ho conosciuto un ragazzo... e poi quello, solo perché mi sono fatta offrire un paio di drink ha pensato che fosse il momento di allungare le mani, il maiale.
Io gli ho detto che ero appena uscita da una relazione e non mi sentivo... e quello ha detto una cosa bruttissima e mi ha infilato una mano nei pantaloni.
Oh cazzo, che schifo, che schifo! Gli ho tirato un ceffone e sono corsa in macchina e ho guidato fin qui senza voltarmi, poi sono scesa perché mi veniva da vomitare... cazzo che schifo quello stronzo porco di merda bastardo figlio di...»
«Sì, sì, hai ragione, sfogati.»
E lei si sfogò ancora, fra lacrime e turpiloqui, con Pietro che elargiva fazzoletti, il barbiere che guardava la scena pietrificato e Giuliano che trasudava come un cencio appeso ad asciugare.

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